Itinerario nella provincia di Venezia

Venezia. Il castigo dei serpenti brucianti

Le tappe dell’itinerario

Chi visita la Scuola Grande di San Rocco a Venezia può ammirare la tela di Jacopo Tintoretto che descrive il castigo dei serpenti e l’erezione del serpente di bronzo. La storia dei serpenti brucianti e del serpente di bronzo è raccontata dalla Bibbia. La vicenda coinvolge gli Ebrei dopo la fuga dall’Egitto e durante il lungo peregrinare del popolo eletto nel deserto, in attesa di raggiungere l’agognata terra promessa. Dopo l’ennesimo episodio di malcontento popolare contro Mosè, Jahvè interviene con il castigo dei serpenti. «Gli Israeliti si mossero dal monte Or per la via del Mar Rosso, per aggirare il territorio di Edom. Ma il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: “Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero”. Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d’Israeliti morì. Il popolo venne da Mosè e disse: “Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti”. Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: “Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita”. Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita» (Numeri 21, 4-9).


Tintoretto dipinge questa scena nel 1576, mentre a Venezia imperversa un’epidemia di peste che decimerà popolazione cittadina. L’enfasi sulle figure degli ebrei colti negli spasimi della sofferenza o l’insistenza sui gesti di una lotta disperata e inutile contro i rettili velenosi non sono dunque una mera creazione di fantasia. Tintoretto è talmente empatico con la sofferenza dei veneziani che mette addirittura in secondo piano la figura di Mosè. Il cielo è attraversato da Jahvé in volo con i suoi angeli che scende dall’alto dei cieli per rispondere alle invocazioni di Mosè e del suo popolo pentito. Su un’altura cespugliosa Mosè colloca un serpente di bronzo sulle braccia di una croce simbolica e richiama verso di esso l’attenzione degli ebrei ancora in vita.


Il miracolo del serpente di bronzo (che simboleggia la guarigione dalle malattie) si collega agli altri due episodi raffigurati nelle tele centrali del soffitto della Sala: Mosé che fa scaturire l'acqua dalla roccia (il miracolo dell'acqua) e la caduta della manna (il miracolo del pane). La sete, le malattie e la fame sono i tre flagelli corporali che affliggono il genere umano e per alleviare i quali San Rocco e la Scuola che a lui si ispira hanno rivolto la loro azione. Questo episodio può però essere letto per certi versi anche come una metafora del Giudizio finale, del quale anticipa alcuni elementi caratteristici: il segno della salvezza, i dannati, i salvati, la pena del ‘verme’. Il serpente issato sul vessillo rimanda al sacrificio di Gesù sulla croce per la salvezza dell’umanità. Chi guarda a lui con fede è salvato dalla morte. Chi è contro di lui, muore avvelenato dai serpenti brucianti. Si esprime così anche Giovanni nel suo vangelo: «e come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna» (Gv 3, 14-15). Un insegnamento analogo deriva da una pagina del libro biblico della Sapienza: «Quando infatti li assalì il terribile furore delle bestie e venivano distrutti per i morsi di serpenti sinuosi, la tua collera non durò sino alla fine. Per correzione furono turbati per breve tempo, ed ebbero un segno di salvezza a ricordo del precetto della tua legge. Infatti chi si volgeva a guardarlo era salvato non per mezzo dell'oggetto che vedeva, ma da te, salvatore di tutti. Invece contro i tuoi figli neppure i denti di serpenti velenosi prevalsero, perché la tua misericordia venne loro incontro e li guarì. Perché ricordassero le tue parole, venivano feriti ed erano subito guariti, per timore che, caduti in un profondo oblio, fossero esclusi dai tuoi benefici. Tu infatti hai potere sulla vita e sulla morte, conduci alle porte del regno dei morti e fai risalire» (Sap 16,5-7;10-11;13).

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