Itinerario nella provincia di Imperia

Pigna. L’aldilà di Giovanni Canavesio

Le tappe dell’itinerario

Pigna è un borgo medievale dell’alta val Nervia, nell’Imperiese. L’impianto urbano è costituito da antiche case riunite "a pigna" intorno alla chiesa ed è attraversato radialmente da stretti "chibi" (ripidi viottoli scuri) che scendono lungo il colle. La nostra attenzione si concentra sulla chiesetta di San Bernardo che si raggiunge in pochi minuti al termine della stretta strada che conduce al cimitero. L’interno conserva un importante ciclo d'affreschi (restaurati e qui riposizionati nel 1998) datati 1482. Sono rappresentati gli evangelisti e i dottori della chiesa, il ciclo della passione di Cristo e il giudizio universale. Ne è autore Giovanni Canavesio, un prete pittore itinerante, originario di Pinerolo, certamente il più dotato e fantasioso artista locale del Cinquecento.


Il Giudizio finale è affrescato nella lunetta della seconda campata. Colpisce subito la geometria delle scene. La morbida linea curva che contiene la parte alta dell’affresco contrasta a effetto con l’ovale della mandorla del giudice e le diagonali che tagliano lo spazio destinato agli scranni del tribunale celeste. L’insieme è insolitamente mosso. Il Cristo che siede sull’arcobaleno si agita irato e si china minaccioso verso i peccatori pronunciando la sentenza di condanna al fuoco dell’inferno: «discedite a me maledicti in ignem æternum». Nulla possono gli intercessori in ginocchio e gli apostoli che siedono sui loro troni, sormontati da piccole croci e che osservano la movimentata scena sottostante. La mandorla è sostenuta da un giro di cherubini, mentre in cielo volteggiano gli angeli che mostrano gli strumenti della passione di Gesù. L’asse verticale dell’affresco vede in successione il giudice e i due angeli che sovrintendono alla psicostasia e alla risurrezione dei morti. L’arcangelo Michele è il protagonista del giudizio individuale dei risorti: sulla bilancia a doppio piatto egli pesa i libri che contengono il curriculum vitae del risorto; ai suoi lati un angelo funge da avvocato difensore e squaderna il libro, invero esile, dei meriti; di fronte un diavolo opera da pubblico ministero ed espone il librone dei demeriti; la donna imputata risulta inevitabilmente condannata e urla il proprio orrore mentre quando il diavolo se ne appropria, invano contrastato dalla lancia di Michele.

Quattro angeli trombettieri si lanciano in volo chiamando i morti alla risurrezione: «surgite mortui, venite ad iudicium». In basso al centro è descritta la scena della risurrezione dei morti, con i corpi che si sollevano da avelli tombali di varie forme e dimensioni. Angeli premurosi e diavoli dotati di nodosi bastoni provvedono a separare gli eletti dai dannati e a mettere in moto i diversi cortei. A destra è la complessa scena dell’inferno. L’entrata nel regno del male è la bocca dentata del Leviatano biblico, quel coccodrillo verde dagli occhi gialli raccontato nel libro di Giobbe. Sopra il mostro, seduto sulla roccia cui è incatenato, è assiso un mostruoso Lucifero, dotato di lunghe corna, grandi ali da pipistello e molteplici bocche: la sua posa lo fa assomigliare piuttosto a un Minosse regolatore dei flussi dei dannati e dei diversi destini punitori. Diversi gruppi di dannati attendono di conoscere il proprio destino. Tra i supplizi ancora visibili dopo la caduta della pellicola pittorica si notano l’albero del male con i dannati infilzati sui rami appuntiti e il pozzo dove altri dannati vengono precipitati. sinistra è il regno del bene, proposto attraverso la doppia immagine del paradiso celeste sulle nubi e dell’apocalittica città di Dio, un paradiso urbano, un po’ sghembo, circondato da mura e scandito da un’alta torre. All’interno si vedono due personaggi, forse Enoc ed Elia. Con l’aiuto soccorrevole degli angeli, i gruppi di beati salgono nella Gerusalemme celeste. In cielo si affollano i santi e i martiri, riconoscibili dai loro tradizionali attributi: si vedono le gerarchie ecclesiali (il papa, un cardinale, un vescovo, religiosi e religiose), le donne e le vergini, i santi martiri (Stefano lapidato, Lorenzo con la graticola, Orsola o Maurizio con lo stendardo), i patriarchi e i profeti. Possiamo considerare qui anche la scena del Limbo, dipinta a fianco del Paradiso, che appartiene al ciclo cristologico della morte e risurrezione di Gesù, ma che possiamo anche assimilare ai regni dell’aldilà. Vediamo qui Gesù che scende ad aprire le porte del Limbo e a liberarne due gruppi distinti prigionieri: il gruppo dei patriarchi biblici preceduto da Adamo, Eva e Giovanni Battista (Limbo dei Padri) e il gruppo dei santi martiri innocenti, trucidati senza aver potuto ricevere il battesimo (Limbo dei pargoli).

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