Itinerario in Campania

Napoli. I vizi capitali di Jacob de Baker

Le tappe dell’itinerario

Jacob de Baker è un pittore fiammingo di Anversa, attivo nella seconda metà del Cinquecento. Uno dei suoi lavori più visti è il trittico del Giudizio universale conservato nella Cattedrale della città belga. Di questo artista la Galleria di Capodimonte a Napoli ospita il ciclo dei Sette vizi capitali, dipinto negli anni 1570-5 e acquistato dal segretario del cardinale Alessandro Farnese il Giovane. Il settenario dei vizi capitali è una tradizionale immagine della realtà terrena del peccato iscritta nella prospettiva escatologica. Mostrando i vizi l’artista ricorda agli spettatori che l'uomo è giudicato da Dio in funzione dei suoi peccati e delle sue virtù, ricevendo la ricompensa del paradiso o il castigo dell'inferno. Il settenario dei vizi capitali, noto anche con l’acronimo mnemonico di s.a.l.i.g.i.a., comprende la Superbia, l’Avarizia, la Lussuria, l’Ira, la Gola, l’Invidia e l’Accidia.

La Superbia di Jacob de Baker è una donna di rango che maltratta una serva, affiancata da un pavone e da bolle di sapone; sullo sfondo è la scena orgogliosa del potente che mostra i suoi possedimenti e la rappresentazione della parabola del fariseo e del pubblicano.

L’Avarizia è la scena moralizzante dell’usuraio che protegge i suoi tesori e che pesa sul bilancino di precisione l’anello di matrimonio che una povera vedova è costretta a impegnare per nutrire i suoi figli; alle spalle dell’avido usuraio incapace di pietà aleggia la morte che sta per scoccare la sua freccia. È poi ricordata la vicenda di Giezi, il servo del profeta Eliseo, che trattiene per sé il denaro ottenuto con l’inganno da Naaman (2Re 5, 0-27). Sull’altro fronte è ricordato l’episodio di Anania che trattiene per sé una parte dei beni venduti e offerti alla comunità e che muore dopo il rimprovero di San Pietro San Pietro (At 5, 1-6).

La Lussuria è descritta dalla scena di due giovani discinti che si abbracciano e si baciano ormai travolti dalla passione; sullo sfondo sono le scene del drago diabolico ucciso dall’arcangelo Michele (Ap 12, 7-12) e di Babilonia la grande prostituta (Ap17), tratte dall’Apocalisse.

L’Ira, simbolizzata da un combattimento tra galli, è un guerriero accecato dal furore, invano trattenuto da una donna, che ha tolto l’armatura e si lancia con la spada sguainata verso un obiettivo invisibile; sullo sfondo sono raffigurate le scene dell’uccisione di Abele da parte dell’irato Caino e della lapidazione del primo martire Stefano da parte della folla inferocita.

La Gola è rappresentata da una coppia di popolani tronfi e obesi che si dividono tra la tavola imbandita di tegami e di vivande e l’anfora con il vino spillato dalla botte vicina; il maiale ne è la bestia allegorica; sullo sfondo sono scene di banchetto.

Splendida è la personificazione dell’Invidia in una donna ossuta, una Gorgone con i capelli trasformati in serpentelli velenosi, i seni appesi, che si strappa la lingua, strumento delle sue maldicenze. Il dipinto ricorda poi gli episodi biblici di Giuseppe calato nel pozzo dai fratelli invidiosi (Gen 37) e del diavolo seminatore di zizzania (Mt 13, 25).

L’Accidia è un giovane progettista che trascura i suoi strumenti di lavoro vinto da un languore profondo che lo getta tra le mollezze dei cuscini, incurante di ogni richiamo all’impegno.

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