Itinerario nella provincia dell’Aquila

Giustizierato d’Abruzzo Ultra

Le tappe dell’itinerario

Il Giudizio finale di Santa Giusta a Bazzano


Bazzano è il primo borgo che le greggi transumanti incontravano sul tratturo di Foggia dopo aver lasciato L’Aquila al prato di Collemaggio. E la chiesa di Santa Giusta con la sua bellissima facciata spartita geometricamente da sottili cornici e snelle colonnine, era una delle regine delle chiese tratturali. Guardarla oggi puntellata a causa delle gravi lesioni causate dal terremoto del 2009 addolora e rattrista il cuore. L’interno a due navate ospita sopra l’ambone e l’accesso alla cripta un giudizio universale completo, magari non un capolavoro, ma un dipinto ricco di particolari inconsueti. L’asse verticale centrale del dipinto vede in alto il Cristo giudice con la Madre e il Battista inginocchiati ai suoi piedi; al centro è Michele, l’arcangelo guerriero, con la bilancia per pesare le anime nella mano sinistra e una lunga lancia nella destra che infilza il drago demoniaco stritolato sotto i piedi; in basso è il dantesco Caron dimonio, il diavolo Caronte che traghetta con la barca i dannati attraverso i fiumi infernali e li spinge con un lungo forcone verso la gola dell’inferno. Al centro dell’affresco è la fanfara degli angeli trombettieri che fanno squillare le loro bùccine per svegliare i morti e annunciare il giudizio. Altri due angeli mostrano ai risorti i libri aperti nei quali sono annotate le opere di bene e il male che da vivi essi hanno compiuto. La fascia di sinistra dell’affresco è dedicata alla resurrezione dei morti: i corpi dei risorti dalla nuda terra vengono accolti e radunati dagli angeli e trasferiti in volo aereo dalle creature alate verso il Paradiso celeste. La fascia destra è dedicata all’inferno. Vi appare Lucifero con tre facce e tre bocche rosse di bragia che divorano peccatori, corna taurine, ali da pterodattilo. Vi è poi raffigurata la bocca dell’inferno: una grande testa antropomorfa, un faccione pacioccone con occhi, capelli e un gran naso rincagnato, ma una bocca spalancata con denti da squalo, un Leviatano biblico, un terribile Dagon, un Moloch da Geenna, dalle fauci ardenti. I dannati corrono nudi e rotondetti. Non assomigliano ai montanari e ai pastori di qui. Ma i forconi branditi dai diavoli sono proprio quelli che si usano per ammucchiare il fieno su alle Pagliare del Sirente. Urla, schiene inarcate, rassegnazione, e tutti di corsa verso un atroce destino, intuito ma non descritto. Sulla testa del mostro infernale, in un giardino fiammeggiante che contrasta vivacemente con i prati verdi e i campi elisi dei beati, siedono i dannati che personificano i sette vizi capitali.

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