Itinerario nella provincia di Torino

Abbazia della Novalesa. La Cappella di Sant’Eldrado

Le tappe dell’itinerario

L’Abbazia benedettina della Novalesa sorge in Val Cenischia, ai piedi del Colle del Moncenisio, in posizione panoramica di fronte al Rocciamelone e in vista della confluenza nella Val di Susa. La sua storia, lunga e complessa, iniziata nel 726 con la fondazione a cura del franco Abbone, ha conosciuto anche periodi di secolarizzazione a seguito della trasformazione in stabilimento termale e in sede estiva del Convitto nazionale di Torino. Ma la sua posizione geografica la fa ricordare soprattutto come presidio della Via Francigena, a servizio dei pellegrini che provenendo dalla Terra dei Franchi entravano in terra italiana attraverso il Colle del Moncenisio e si dirigevano a Roma, alle tombe degli Apostoli.  Il percorso della Val Cenischia e la sosta all’Abbazia della Novalesa entrarono così a far parte di quella rete di strade e percorsi che segnava l'Europa di pellegrinaggio e che univa tutti i maggiori luoghi di spiritualità del tempo.


Il legame tra l’abbazia e i pellegrini rivive nella stessa vicenda di Eldrado, che divenne abate nell’825 e al quale venne dedicata la cappella più bella. Eldrado era nato ad Ambel, in Francia, da una nobile famiglia. Morti i genitori, decise di dedicarsi al lavoro dei campi dopo aver donato i suoi beni ai poveri e ai pellegrini. Insoddisfatto, intraprese un lungo pellegrinaggio vocazionale a San Giacomo di Compostella, al termine del quale chiese di diventare monaco a Novalesa. Sostenne un periodo di prova chiestogli dall’abate Arnulfo, che lo mandò sulla strada con un bastone e una sacca da pellegrino. Nell’814 fu infine ammesso a Novalesa. Morì santamente e fu successivamente beatificato. Gli episodi della sua vita sono narrati sulla volta e sulle pareti della cappella abbaziale che porta il suo nome. Questi affreschi risalgono al periodo romanico, in particolare agli anni 1096-1097, in rapporto con i cicli bizantineggianti piemontesi e lombardi della seconda metà del secolo undicesimo.


Il ciclo degli affreschi della Cappella di Sant’Eldrado si conclude con una grande visione della Seconda venuta del Signore e del Giudizio universale, distribuita nell’abside e sulla controfacciata. Cristo pantocrator scende di nuovo sulla terra e siede sul trono. Indossa una tunica di color porpora e con la mano sinistra regge il libro della sua Parola. Sul nimbo crociato si legge la parola lux. Cristo accoglie presso di sé i due santi ai quali è dedicata la cappella: S. Eldrado in abito monastico e S. Nicola in paramenti episcopali. Completano la scena i due arcangeli Gabriele e Michele che reggono un labaro con le iniziali del Cristo e che sono stati incaricati rispettivamente di annunciare la sua incarnazione e di eseguire il giudizio finale. 

Sulla parete d’ingresso continua la visione dell’ultimo giorno. Ai morti che risorgono appare il Golgota, sormontato da una grande croce. Alla base sono esposti gli strumenti della passione di Gesù: la croce, il secchio dell’aceto, la canna con la spugna, la scala, i chiodi. Questa immagine vuole ricordare all’umanità che Cristo ha portato la redenzione e la proposta di una nuova alleanza a prezzo del proprio sacrificio. Due angeli suonano le trombe del giudizio e chiamano i morti a risvegliarsi e a risorgere. I corpi dei risorgenti fanno capolino dal buio delle loro sepolture ed esprimono, con realismo, i diversi atteggiamenti e stati d’animo: chi si scherma gli occhi davanti la luce abbacinante, chi prega a mani giunte, chi indica ai vicini gli avvenimenti in corso nel cielo; i volti esprimono ansia, sorpresa, timore, trepidazione.

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