Itinerario in Molise

Odissea nello spazio. Il Giudizio finale di Agnone

Le tappe dell’itinerario

L’occhio della pistrice. Un occhio livido, liquido. Ottuso come il male. L’occhio diabolico che Kubrick ha immaginato in 2001: odissea nello spazio. L’occhio cattivo dell’orrendo scorfano ammarato nella valle di Giosafat per ingoiare i reietti del giudizio universale. Il mostro marino con la pinna dorsale uncinata e i denti scarnificatori del piranha incarna gli incubi biblici marini dell’orca ingoiatrice di Giona e soprattutto del Leviatano di Giobbe, «il re su tutte le bestie più superbe». Francesco Palumbo ha pensato di tradurre così l’idea dell’Inferno nel Giudizio finale che ha affrescato (e firmato) nel 1793 sulla volta della parrocchiale di Sant’Antonio Abate ad Agnone. Ha immaginato la bocca divoratrice di un Lucifero marino affiancata da un muscoloso demonio che rimesta tra i dannati e come un monatto riversa con la pala i cadaveri dei peccatori nella gola della morte eterna. L’incubo infernale è acuito, ad ammonimento dei timorati fedeli, dal guizzo saettante dei velenosi serpenti che saltano dalle rocce per mordere e mietere vittime tra gli infedeli del deserto mosaico. Ma se sul fondo del dipinto di Palumbo il dramma si è già consumato con la triste fine dei rifiuti dell’umanità e con le successive operazioni di nettezza urbana, è nel cielo soprastante che si anima il giudizio e si decidono le sorti dei risorti. É una vera “odissea nello spazio” quella degli scheletri risvegliati dal loro letargo e atterriti dal clangore squillante degli angeli trombettieri. Risucchiati tra le nuvole sono sballottati tra angeli accompagnatori e angeli sterminatori mentre il braccio del giudice si alza nel gesto di salvezza o di condanna. Il Paradiso nell’alto dei cieli vede l’abituale corte dei beati adagiati intorno alla divina Trinità e al Cristo parusiaco. Colpisce semmai quella gran croce che viene innalzata in cielo a ricordare al popolo di Dio che è stato il martirio di Gesù a rendere possibile la nuova alleanza e la salvezza del genere umano. Questa croce ripete il gesto di Mosè che forgia un serpente di bronzo e lo colloca in vista del suo popolo in modo che chiunque fosse stato morsicato dai serpenti velenosi, avrebbe potuto salvarsi solo guardando verso il serpente del patriarca biblico.

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