Itinerario in Molise

Le opere di misericordia di Sant’Angelo in Grotte

Le tappe dell’itinerario

Da Santa Maria del Molise saliamo al borgo medievale di Sant’Angelo alle Grotte, belvedere sulle montagne del Matese e sulla piana di Bojano. Quel che cerchiamo è la cripta sottostante la chiesa di San Pietro in Vincoli, un piccolo scrigno fasciato di immagini della fine del Trecento. Il ciclo di affreschi è dedicato a una delle più classiche metafore del Giudizio universale: le opere di carità. Matteo, nel suo Vangelo, descrive con precisione la scena del giudizio finale, con il giudice seduto sul trono della gloria, circondato dagli angeli. «Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra». E ai salvati, collocati alla sua destra il giudice dirà: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi». E alla reazione sorpresa dei giusti il giudice spiegherà che «in verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» (Mt 25, 31-40).

Il pittore ha voluto così raccontare sulle pareti della cripta il codice del giudizio finale. Le scene di quelle che la Chiesa chiamerà “le opere di misericordia corporale” si snodano nel ciclo affrescato arricchite da un’originale sceneggiatura. La prima opera, “dar da mangiare agli affamati”, vede l’ospite accolto a tavola da tre personaggi e servito da una donna. La scena del “dar da bere agli assetati” è affollata da un corteo di personaggi: il protagonista in catene;  è dissetato da una donna che gli versa dell’acqua da una brocca e gli offre la ciotola. Anche la terza scena è affollata di personaggi che offrono le loro tuniche seguendo l’invito a “vestire gli ignudi”. La quarta opera, “alloggiare i pellegrini”, vede un viandante con un sacco sulle spalle preso per mano da una donna e invitato ad entrare in casa. La scena dedicata al precetto di “visitare gli ammalati” vede un giovane disteso a letto sotto le coltri, assistito da tre persone. L’immagine che illustra l’opera di misericordia del “visitare i carcerati” è monca; si può intuire però che i personaggi portino al prigioniero generi di conforto, forse un libro e una lanterna. L’ultima opera di misericordia, non citata nel vangelo di Matteo, ma aggiunta successivamente dalla Chiesa a completare il settenario, è “seppellire i morti”: l’artista l’ha resa con la descrizione del funerale e dell’ultima benedizione al defunto. Colpiscono due particolari ricorrenti negli affreschi. Il primo è la costante presenza femminile: sono le donne le protagoniste degli atti di carità. Il secondo particolare è il personaggio beneficato: in tutte le scene un nimbo crucifero gli orna il capo e consente una sua facile identificazione con il Cristo. L’artista ha così originalmente reso la frase evangelica «tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me».

Le parole di Gesù riportate dall’evangelista Matteo hanno un più remoto parallelo nel primo Testamento. Il profeta Isaia è invitato da Dio a richiamare a gran voce al popolo alla conversione: «Grida a squarciagola, non avere riguardo; alza la voce come il corno, dichiara al mio popolo i suoi delitti, alla casa di Giacobbe i suoi peccati. Mi cercano ogni giorno, bramano di conoscere le mie vie, come un popolo che pratichi la giustizia e non abbia abbandonato il diritto del suo Dio; mi chiedono giudizi giusti, bramano la vicinanza di Dio». E Isaia continua la sua invettiva contro i formalismi e i ritualismi senz’anima e spiega su quali comportamenti sarà basato il giudizio di Dio: «Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l'affamato, nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti?». E solo chi avrà esercitato la giustizia e la carità vedrà la gloria del Signore: «Allora la tua luce sorgerà come l'aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà. Allora invocherai e il Signore ti risponderà, implorerai aiuto ed egli dirà: "Eccomi!". Se toglierai di mezzo a te l'oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all'affamato, se sazierai l'afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio» (Is 58, 1-10).

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