Itinerario nella provincia di Frosinone

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Le tappe dell’itinerario

Anagni: l'Apocalisse affrescata nella cripta di San Magno


Ripresa l'autostrada, la nostra meta è ora Anagni, che si staglia sul colle di fronte a noi. La strada attraversa prima un territorio pulsante di aziende artigiane, supermercati, complessi industriali e centri di servizi e inizia poi l'ascesa verso l'acropoli. Dalla modernità degli opifici si procede via via a ritroso nel tempo. Convitti, chiese, palazzi, piazzette, vicoli marcano il lungo viale che sale stretto, sempre più stretto, e perciò teatro di una guerriglia permanente tra pedoni, turisti, veicoli commerciali e auto private. La città medievale prende progressivamente possesso del colle. Il colore scuro della pietra racconta la storia. Gli occhi si sollevano dai cortili ai loggiati e alle finestre a bifora, a cercare la luce del cielo che svela le strettoie e l'intrico dell'urbanistica medievale. Poi scendono di nuovo a godersi le vetrine imbandite e le stuzzicanti tentazioni dei forni e delle norcinerie. L'arrivo sulla piazza dedicata a Innocenzo III è emozionante. A destra il panorama si apre verso la valle e i monti Lepini; a sinistra dominano la scena il fianco e le absidi della cattedrale. Una piazza asimmetrica, in pendenza, movimentata da edifici e presenze antiche. Attraverso un passaggio invisibile, sotto il battistero, si sale alla piazza d'ingresso alla cattedrale, dominata dal campanile romanico. La cattedrale è certamente tra le più belle del Lazio. Ma noi abbiamo fretta di tuffarci nelle scale che portano alla cripta di San Magno.

E troviamo finalmente i celebri affreschi duecenteschi dell'Apocalisse.

Il tema di questo che è l'ultimo libro della Bibbia, è una rivelazione profetica. E' il tema classico della letteratura profetica: "il giorno del Signore", il giudizio che Dio emette sul mondo, debellando gli empi e premiando i giusti. E' la lotta tra Cristo (agnello, verbo di Dio) e il male (satana, dragone, mostro marino, fiera terrestre). E' la vittoria del popolo di Dio e il trionfo della celeste Gerusalemme nuova.

I pittori hanno sempre avuto difficoltà a raffigurare l'Apocalisse nel suo complesso, a causa del suo carattere visionario, liquido, simbolico. Ma hanno certamente trovato in essa un'inesauribile miniera, un deposito di temi, immagini, segni e simboli da saccheggiare e riprodurre sulle pareti, nei capitelli dei chiostri, sulle miniature dei codici o sui timpani delle cattedrali. L'elenco è infinito: l'alfa e l'omega, le lampade d'oro, la sinagoga di Satana, la corona della vita, la veste bianca, la chiave, il trono nel cielo, l'arcobaleno, il libro della vita, i sette sigilli, i cavalieri, i quattro angeli, le sette trombe, l'aquila, il pozzo dell'abisso, le cavallette, i due ulivi, il terremoto, l'arca dell'alleanza, il dragone e la donna partoriente, il Leviatano, Behemoth, la caduta di Babilonia, la falce affilata, i sette flagelli, le coppe versate, la macina gettata in mare, le nozze dell'agnello, l'orrido banchetto, il dragone incatenato, Gog e Magog, i morti risorti dal mare e dalla terra, il lago di fuoco, il fiume e l'albero della vita, la città sul monte.

La cripta che custodisce l'altare con le spoglie di San Casto è un serbatoio eccezionale di scene apocalittiche.

Un Cristo maestoso, terribile, severo, splendido, domina sulla volta, in una mandorla circondata dai sette angeli e dai candelabri d'oro delle sette chiese dell'Asia minore. Siede sull'arcobaleno che è simbolo della nuova alleanza. Una lunga spada affilata gli esce dalla bocca. Il suo aspetto è quello descritto nel primo capitolo dell'Apocalisse: "Vidi sette lampade d'oro e in mezzo alle lampade vidi uno simile a figlio d'uomo, vestito di un abito talare e cinto all'altezza del petto con una cintura d'oro. La sua testa e i capelli bianchi come lana bianca, come neve; e i suoi occhi come fiamma di fuoco e le sue gambe somiglianti a bronzo prezioso fuso, come se ardessero in una fornace, e la sua voce come fragore di molte acque; e nella sua mano destra aveva sette stelle, e dalla sua bocca usciva una spada appuntita a doppio taglio; e il suo aspetto era come il sole quando risplende appieno". Il Cristo è il Messia, il giudice apocalittico. E' rivestito delle insegne che lo qualificano sacerdote (la lunga veste), re (la cintura d'oro) e divinità (i bianchi capelli, simbolo d'eternità). Il suo giudizio è tagliente come la spada che esce dalla sua bocca. Le due chiavi nella mano sinistra sono quelle della morte e dell'abisso infernale.

Sulla parete dell'abside centrale sono affrescate le visioni collegate all'apertura dei sette sigilli. A destra scalpitano i quattro cavalieri dell'apocalisse. Rotto il primo sigillo, "ecco un cavallo bianco, e il cavaliere aveva un arco, e gli fu data una corona e uscì vincendo per vincere ancora". All'apertura del secondo sigillo "uscì un altro cavallo rosso-fuoco, e al cavaliere fu dato di togliere la pace dalla terra, affinché si sgozzino a vicenda; e gli fu data una spada grande". Al terzo sigillo "ecco un cavallo nero e il cavaliere aveva una bilancia nella mano". E alla rottura del quarto sigillo "ecco un cavallo verdastro, e il cavaliere ha nome Morte; e l'ade lo seguiva". L'Apocalisse dice che ai quattro cavalieri di sventura "fu dato potere sulla quarta parte della terra, per uccidere di spada, di fame, di peste e mediante le fiere della terra".

La scena descritta a sinistra vede una moltitudine di martiri, raffigurati nudi sotto l'altare, che chiedono a gran voce giustizia al Cristo giudice. E' la visione commuovente del grido che sale dalle vittime della persecuzione, dagli innocenti sgozzati in nome della ragion di Stato. "E quando aprì il quinto sigillo, vidi sotto l'altare le anime dei martiri a causa della loro testimonianza della parola di Dio. E gridarono a gran voce dicendo: quando, o Signore santo e verace, ci farai giustizia e vendicherai il sangue che abbiamo versato nei confronti degli abitanti della terra? E fu data ad ognuno di essi una veste bianca".

Una scena grandiosa è dipinta nel catino dell'abside. E' la straordinaria processione dei ventiquattro vegliardi apocalittici, dalle lunghe barbe bianche. Nella mano sinistra stringono l'arpa, mentre con la mano destra alzano verso il cielo delle coppe d'oro, piene di profumo, "che sono le preghiere dei santi". E' l'adorazione dell'Agnello: "i ventiquattro anziani si prostrano di fronte all'Agnello. E cantano un cantico nuovo dicendo: degno sei di ricevere il libro e di aprire i suoi sigilli, perché fosti sgozzato e col sangue tuo ci riconciliasti con Dio, noi di ogni tribù, lingua, popolo, gente, e di essi hai fatto per il Dio nostro un regno e dei sacerdoti, e regneranno sulla terra".

Dopo la visione dei vegliardi, Giovanni ci riferisce di aver visto molti angeli intorno al trono; "il loro numero era di miriadi di miriadi e migliaia di migliaia". Il pittore della cripta di San Magno ha voluto rendere fedelmente questa visione angelica giovannea e ha popolato di angeli le piccole volte della cripta: ecco i cherubini dalle molte ali, gli angeli che presiedono ai quattro venti, i tetramorfi con le sembianze dell'uomo, del leone, del toro e dell'angelo (che diverranno simboli dei quattro evangelisti); e poi gli angeli trombettieri, la lotta con gli angeli ribelli, Michele che colpisce il drago satanico e infine gli angeli che scardinano il sole, la luna e il cielo stellato a significare la fine del mondo.

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