Veneto

L’isola di Torcello: una visione dell’aldilà

Un itinerario anfibio, tra acqua e terra, corpo e spirito, nella laguna di Venezia. Un percorso in battello che tocca isole celeberrime e pochi passi a piedi conducono al cuore di Torcello, isola famosa quanto solitaria. Il mosaico naturale composto dalla rete dei canali, dalle macchie delle paludi e dai chiaroscuri delle acque stagnanti prepara all’emozione della visione dei mosaici che gli artisti veneto-bizantini del Duecento hanno pazientemente incastonato sulle pareti della basilica dell’Assunta. Un tragitto che fa immergere nel silenzio evanescente di un’isola remota e fa vivere una incandescente esperienza spirituale nell’incontro con la potente immagine del Giudizio universale. Un inquietante sguardo sull’aldilà, dunque, ma con un ritorno rasserenante tra le calli e i tesori di Venezia.

Dalle Fondamenta Nuove di Venezia, la motonave punta verso le mura e i cipressi del Cimitero di San Michele e fa tappa a Murano; traversa poi la laguna di Venezia, via via più solitaria, sullo sfondo di San Francesco del Deserto e di altre isole lontane; dopo la sosta a Burano, raccolta intorno al suo campanile pendente, arriva a Torcello. Scendiamo. È un’isola di silenzio, romita tra acqua e cielo. Costeggiamo a piedi un canale e in pochi minuti giungiamo nella piazzetta erbosa di Santa Maria Assunta, di Santa Fosca, dei Palazzi dell’Archivio e del Consiglio. Cerchiamo l’ingresso della Cattedrale con l’ansia di chi ha lungamente bramato questo momento. Entriamo. L’occhio si abitua progressivamente alla penombra e percepisce le navate e il presbiterio. Ci voltiamo. L’emozione della visione fa sussultare. Siamo di fronte al Giudizio universale di Torcello, uno dei più celebri mosaici bizantini che ornano le antiche chiese dell’Adriatico. Il mosaico è collocato sulla parete di fondo, la controfacciata: esso era così l’ultima, ammonitrice, visione dei fedeli che uscivano di chiesa dopo le liturgie.

La composizione si articola su sei fasce: le prime due in alto sono le più recenti perché lavorate per ultime dai mosaicisti agli inizi del XIII secolo e raffigurano la crocifissione di Gesù e la discesa agli inferi. Le quattro fasce sottostanti, della seconda metà del secolo XII, descrivono il Giudizio universale. L’occhio scende verso il Cristo giudice che appare nei cieli, seduto sull’arcobaleno della nuova alleanza, tra gli angeli, la madre Maria e Giovanni Battista, gli intercessori. I dodici apostoli siedono su un lungo divano a formare la giuria, la corte del tribunale celeste.

Nel cielo, sopra le nubi, si staglia la Croce, accompagnata dai simboli della Passione, la lancia che squarciò il costato di Gesù, la spugna imbevuta di fiele sulla punta della canna, la corona di spine. Sull’altare è il libro della vita. Il trono è vuoto, in attesa del Re dell’universo. Adamo ed Eva, simboli di tutte le genti, attendono in ginocchio in adorazione spaventata. Un angelo avvolge il cielo stellato in un rotolo a simboleggiare la fine del mondo e l’inizio dell’eternità. Gli angeli tubicini suonano le trombe per svegliare i morti. I risorti escono dalle tombe, ancora avvolti nelle bende e nei sudari. Le vittime divorate dalle bestie feroci rispuntano per incanto dalle gole dei predatori: il leone, l’elefante, la iena, il leopardo, il lupo, il grifone alato e una coppia di corvi neri. Riemergono dalle acque anche i morti annegati. Il mare è simboleggiato da una donna che stringe il corno dei venti e delle tempeste, appollaiata sul dorso di un mostro marino. Tutt’intorno, tra le onde, squali e pesci di tutte le fogge e colori restituiscono i poveri resti delle vittime dei naufragi.

L’arcangelo Michele pesa le anime. Demoni bluastri, violacei e cornuti cercano con i loro spiedi di far pendere la bilancia in modo a loro favorevole, gettando nei piatti i peccati dai loro sacchi a otre. A sinistra le schiere osannanti dei beati inneggiano a Cristo: ecclesiastici, martiri, monaci e donne sante. Di fronte un fiume di fuoco sgorga ai piedi del Cristo e va ad alimentare l’antro dell’inferno. Due angeli spingono i dannati con lunghe pertiche nel fuoco punitore. Lì demonietti impertinenti e dispettosi si fanno beffe dei segni terreni di nobiltà e di potenza. Lucifero, re dell’Ade, siede sul mostro biblico del Leviatano, portando in grembo l’Anticristo. I dannati patiscono le pene secondo la legge del contrappasso: i lussuriosi ardono tra le fiamme, i golosi ingordi son costretti a mordersi le mani, gli iracondi calmano i bollenti spiriti immersi in acque gelide, gli invidiosi sono ridotti a teschi popolati di velenosi serpentelli, gli altri peccatori galleggiano sul fuoco con le teste mozze o sono ridotti a scheletri in frantumi. Sul lato opposto è il giardino fiorito e alberato del Paradiso. L’angelo indica alle anime degli eletti la porta custodita da San Pietro clavigero e da un cherubino. All’interno del giardino si riconoscono il buon ladrone con la croce, la Madre di Gesù, la schiera dei santi innocenti e Abramo con Lazzaro nel grembo.

Un consiglio. Provate ad affrontare la lettura di questo imponente mosaico con un’audioguida un po’ particolare: un iPod che vi inietti nelle orecchie le note e le voci del Requiem di Mozart. Ricorderete questa escursione come una delle più potenti esperienze spirituali della vostra vita.

«Dies irae, dies illa, solvet saeculum in favilla» scandisce il coro, con l’eco acutissima delle trombe e il rombo dei timpani. «Quantus tremor est futurus, quando judex est venturus»: tutti gli elementi dell’orchestra sussultano su un ritmo violento e sincopato che incute terrore per l’arrivo del giudice «tremendae majestatis». E la melodia del «Recordate, Jesu pie» accompagna i solisti che implorano Cristo che torna sulla terra per salvare ogni uomo: «Tu che assolvesti la Maddalena, tu che esaudisti il Ladrone, anche a me hai dato speranza».

Saziati gli occhi dall’oro e dai colori delle sacre immagini, acquetatesi le trombe del giudizio e sfumate le note di Mozart, è tempo ora di visitare Santa Fosca, dare un’occhiata agli oggetti custoditi nel piccolo museo e gironzolare indolenti tra campi e canali. E se non avete problemi di fido bancario potete anche chiedere ospitalità alla Locanda Cipriani. Scorrendo qualche pagina di Hemingway, vivrete le emozioni che l’isola regala particolarmente all’alba e al tramonto, quando i gruppi rumorosi dei turisti sono sulla terraferma.

Il battello ci riporta ora a Venezia. Questo paesaggio lagunare un po’ malinconico, che le note di Gualtiero Bertelli descrivono fatto di «tera e aqua, aqua e tera», potrà suggerirci allusioni ad altri viaggi in barca verso le isole dell’aldilà: il vasello snelletto e leggiero di Dante, la barca di Caronte che traghetta Enea, il dipinto di Joachim Patinir al Prado, la tela di Tintoretto alla Madonna dell’Orto, la Toteninsel di Arnold Böcklin, le acque infernali, il Cocìto del pianto, il Flegetonte di fuoco, l’Acheronte del dolore e lo Stige dell’odio, il Lete dell’oblio, i fiumi paradisiaci che irrigano l’Eden e abbracciano il mondo antico: il Pison il Ghicon, il Tigri e l’Eufrate. E cullati dal dondolio delle onde «quei sen venne a riva».

Itinerario

Note tecniche

In giro per il web

Un viaggio virtuale a Torcello è proposto dal sito web del sistema museale della provincia di Venezia (http://sbmp.provincia.venezia.it). Tra le opere recenti dedicate alle raffigurazioni dell’aldilà nell’arte si segnalano i volumi illustrati di Yves Christe (Il giudizio universale nell’arte del Medioevo, Jaca Book, 2000) e Valentino Pace (Alfa e omega. Il giudizio universale tra oriente e occidente, Itaca, 2006). Il Requiem di Mozart eseguito dai Wiener Philharmoniker diretti da Herbert von Karajan è proposto dalla collana Spirto Gentil.

Linee di navigazione, orari e prezzi per muoversi nella laguna e raggiungere l’isola di Torcello sono consultabili sul sito dell’azienda comunale dei trasporti di Venezia (www.actv.it). Il cuore di Torcello si raggiunge a piedi in 5 minuti dal pontile di sbarco.

Cartografia: Laguna veneta 1:50.000, carta delle zone turistiche dello Studio FMB Bologna.

Dislivello: inesistente.

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