Sicilia

Le pietre di Pantàlica

«Arrivammo a Pantalica, l’antichissima Hybla, ci arrampicammo su per sentieri di capre, entrammo nelle tombe della necropoli, nelle grotte-abitazioni, nei santuari scavati nelle ripide pareti della roccia a picco sulle acque dell’Ànapo». Vincenzo Consolo ci fa da guida sull’altopiano ibleo, nella Sicilia sud-orientale. Un luogo straordinario, dichiarato dall’Unesco patrimonio dell’umanità. Il tavolato calcareo è solcato da strette vallate, con pareti a precipizio e fondovalli ricche di acque e di lussureggiante vegetazione mediterranea. «Percorsi il cammino che si stendeva per lungo tratto sul ciglio di una parete della profonda e lunga vallata dov’erano le migliaia di grotte scavate dall’uomo, le abitazioni, le chiese, le necropoli della preistoria, della storia più antica dei Siculi, dei Greci, dei Romani, dei Bizantini, di quelli di pochi anni passati. Un cammino bordato dai bastoni fioriti delle agavi, dagli ulivi, dai fichi, dai pistacchi, dai carrubi» (V. Consolo, Le pietre di Pantalica).

L’escursione comincia al casotto d’ingresso che è anche punto d’informazione della Riserva naturale di Pantalica, in contrada Fusco. Vi si giunge da Siracusa (via Floridia e Solarino, seguendo il corso dell’Ànapo) o da Catania (via Sortino). Lasciata l’auto al parcheggio e muniti di cartina, si cammina sul tracciato dismesso della vecchia linea ferroviaria a scartamento ridotto Siracusa-Vizzini che percorre gli stretti argini del fiume Ànapo con brevi gallerie e arditi viadotti. Giunti all’ingresso della seconda galleria, si consiglia di seguire la carrareccia e poi il sentiero che l’aggira sulla destra e che scende sul greto del fiume, qui nel suo tratto più pittoresco, alla confluenza con il Rio Calcinara, con belle pozze d’acqua tra rocce, pioppi, salici e oleandri. Risalendo una scala intagliata nella roccia si torna sull’ex ferrovia all’altezza del ponte sul fiume. Con belle vedute sugli «alveari» della necropoli meridionale, si prosegue fino alla vecchia stazione ferroviaria a due piani «Necropoli di Pantalica», che ospita un piccolo museo della riserva. Poco dopo si abbandona la massicciata della ferrovia e si comincia sulla destra la salita di un sentiero, in parte intagliato nella roccia e in parte sostenuto da muretti a secco, che conduce al villaggio bizantino del VII-VIII secolo dopo Cristo. Si possono visitare gli interni e ricostruire gli eventi della vita quotidiana del tempo. Emozionante è la breve discesa alla chiesetta rupestre di San Micidiario. Aggirandosi tra i suoi meandri si scoprono tracce di antichi affreschi e l’abside semicircolare. La terrazza antistante è un balcone belvedere sulla valle dell’Ànapo e sull’imponente anfiteatro calcareo che la fronteggia. Proseguendo si esce allo scoperto e si raggiungono la sella di Filipporto e la strada asfaltata che proviene da Ferla. Molto interessante è la visita delle tombe della necropoli, accanto al fossato sormontato dai resti di un muro di età greca. Si va ora verso est sulla strada asfaltata. A far da scenario sono ora la pittoresca necropoli di nord-ovest e gli avvallamenti nei quali s’incanalano il torrente Sperone e il Rio Calcinara. Una stradina sterrata sulla destra porta a un luogo sensazionale. L’acropoli di Pantalica domina tutto il paesaggio e ospita il Palazzo del Principe, l’anaktoron dell’ottavo secolo avanti Cristo. Il palazzo ha pianta rettangolare ed è diviso in sei ambienti quadrangolari, a cui sono stati aggiunti, in periodo posteriore, un corridoio e un vano più ampio degli altri, dove sono stati trovati resti di una fonderia. Meravigliano i grossi blocchi megalitici alla base inferiore del palazzo. Affacciandosi nuovamente sulla valle dell’Ànapo, si può scendere brevemente su sentiero alla ricerca dell’oratorio rupestre di San Nicolicchio. Tornati al Palazzo, si scende a riprendere la strada asfaltata e la si percorre nella sua discesa a tornanti verso la necropoli della Cavetta. La strada s’interrompe bruscamente essendo rimasto incompiuto il progetto di scavalcare con un ponte il Rio Calcinara e ricongiungersi con la strada Sortino-Solarino. Si continua per il largo sentiero scavato nel calcare, toccando la chiesa rupestre del Crocifisso, protetta da un’inferriata ma purtroppo degradata. Siamo ora in uno degli ambienti più pittoreschi della Riserva. C’immergiamo in una sorta di bolgia dantesca avvolta da pareti verticali forate da un numero incredibile di tombe a grotticella. Sono le 1550 tombe della necropoli nord. La discesa ad inferos nella città trogloditica s’arresta sulla stretta ansa del fiume, nell’inquietante Grotta dei Pipistrelli. Si risale poi al di là del fiume, insinuandosi tra le rocce e le tombe, fino a raggiungere la strada asfaltata, accesso da nord alla Riserva. Poco più avanti, in contrada Saramenzana, si oltrepassa la recinzione a destra su una scaletta in legno e s’inizia la nuova discesa verso il fondo lungo una comoda e veloce carrareccia, tra mandorli e olivi. Si passa accanto a una masseria munita di abbeveratoio e cisterna. In ambiente più roccioso si continua a scendere fino a scorgere finalmente il fiume. Lo si scavalca, cercando il guado più comodo, e si risale in breve alla ex ferrovia, all’altezza della seconda galleria. Pochi passi a sinistra ci riportano al casotto d’accesso alla Riserva e al parcheggio.

Così descritta l’escursione è un anello completo che consente di dare un’occhiata a tutti gli ambienti della Riserva. Un suggerimento: merita dedicarle un’intera giornata; per una volta lasciate a casa l’orologio e lasciatevi guidare dalla curiosità e dal gusto della scoperta.


E ora qualche domanda. Perché Pantalica, questa città dei morti, affascina? Non dovrebbero le necropoli essere tristi luoghi di morte, oscurità e silenzio? Perché ci attirano le necropoli etrusche, i sepolcreti romani, le catacombe cristiane, i cimiteri monumentali, i crematori dei lager, gli ipogei pagani, i monumenti funerari, le cripte dei santi, i mausolei delle celebrità, i memoriali di guerra, i pantheon regali, le tombe di famiglia? Le risposte possibili sono tante. È stato perfino coniato il termine di dark tourism (o thanatourism) per designare l’intreccio tra il fascino morboso del macabro e la funzione di sublimazione delle pulsioni di morte, associato ai luoghi della memoria. Ma la «tomba vuota” provoca la fede cristiana. Per rendersene conto suggerisco di tornare a Siracusa per visitare le catacombe dei cristiani delle origini. Siracusa custodisce il patrimonio paleocristiano sotterraneo più rilevante dopo Roma. Per i primi cristiani la morte non è l’annientamento, ma un riposo (requiem æternam dona eis Domine), l’addormentarsi in attesa del risveglio futuro, il dies natalis ovvero il giorno della nascita alla vita eterna. Ma ancor prima, per Simon Pietro e Maria di Magdala e poi per tutti i cristiani, la «tomba vuota» è quella di Cristo. La vista del sepolcro vuoto provoca in Pietro e nella Maddalena turbamento, smarrimento, angoscia. La fede sembra vacillare. «Maria stava all’esterno vicino al sepolcro e piangeva». Ma arriva anche il momento dell’annuncio della risurrezione e del riconoscimento del Risorto. «Mentre piangeva, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: “Maria!”. Ella si voltò e gli disse in ebraico: “Rabbuni!”, che significa: Maestro!» (Gv 20,11.14.16).

Itinerario

L’anello proposto copre una distanza di circa 8 km, in parte sulla massicciata della vecchia ferrovia (dall’ingresso Fusco alla Stazione di Pantalica), in parte su strada asfaltata (nel tratto dalla Sella di Filipporto alla Necropoli Nord) e il resto su agevoli sentieri. Sono ovviamente possibili percorsi più brevi sui cinque sentieri proposti dalla Riserva. Il dislivello tra la valle dell’Anapo e l’Acropoli è di circa 200 m. Il tempo di percorrenza varia in rapporto alle visite dei diversi ambienti: è consigliabile dedicare almeno 5 ore all’intero anello.

Cartografia: carta dei sentieri in scala 1:20.000 Pantalica – Valle dell’Anapo e Torrente Cava Grande.

Note tecniche

In giro per il web

L’Ecomuseo Hyblon (www.ecomuseohyblon.it) è la rete di collegamento tra i beni culturali ed ambientali dell'altopiano Ibleo che si affianca alle riserve di Vendicari, Cava Grande di Cassibile, Valle dell'Anapo. Sugli Iblei, tra Buscemi e Cassaro, può essere anche percorso il Sentiero Frassati della Sicilia “Terre del timo” (www.sentierifrassati.org). Un sito (www.patrimoniounesco.it) documenta i luoghi della Sicilia dichiarati dall’Unesco patrimonio mondiale dell’umanità. Un’introduzione ai beni archeologici di Pantalica è offerta da www.pantalica.org.

Sentieri per lo spirito

Trekking per tutti nei luoghi della fede

Itinerari