Abruzzo

L’eremo di Pietro Celestino

Una passeggiata alle falde del Morrone, sulle orme di Celestino V, nel parco nazionale della Maiella. L’area dell’escursione è caratterizzata da uno straordinario intreccio di elementi paesaggistici e naturalistici (la Fons amoris di Ovidio, la valle dei Preti, i monti della Rocca, la conca peligna), archeologici (il tempio di Ercole, le fortificazioni italiche), monumentali e artistici (i castelli di Orsa e Roccacasale, la Badia Morronese), eremitici (i rifugi di Pietro Celestino, l’eremo di San Terenziano, l’eremo del beato Mariano) e storici (la base militare di Fonte d’Amore, campo di concentramento al tempo dell’ultima guerra, e oggi sede formativa dell’organizzazione penitenziaria). Ci fanno compagnia le pagine de L’avventura d’un povero cristiano di Ignazio Silone

È un facile percorso ad anello, vario e molto panoramico, nei dintorni di Sulmona. Obiettivo dell’escursione è l’eremo di Sant’Onofrio, dove Fra’ Pietro Angelerio del Morrone ricevette la visita della delegazione del conclave che gli annunciava l’elezione a Papa.

Il punto di partenza è l’abbazia di Santo Spirito al Morrone, detta comunemente Badia Morronese. La località Badia (360 m) dista circa 5 km da Sulmona. L’abbazia esprime bene il prestigio e la potenza raggiunti dall’Ordine dei Celestini. Dopo la soppressione degli ordini religiosi, essa fu adibita a carcere e ora, dopo una lunga fase di ristrutturazione e restauro, è in attesa di una destinazione d’uso e di un’apertura stabile per la visita dell’interno e degli affreschi. Lasciata l’auto, si ammirano le possenti mura secentesche e lo svettante campanile. Fatti pochi metri in discesa, si svolta a sinistra e si segue lungamente (1,2 km) la strada per Marane. Subito dopo il bivio per un kartodromo si trova l’ingresso della Scuola di polizia penitenziaria. Il nuovo edificio, operativo dal 1992, sovrasta la vecchia base logistica di Fonte d’Amore. Nell’area è stata conservata una baracca del campo di prigionia. Qui l’8 settembre del 1943 i prigionieri alleati fuggirono dal campo di prigionia di Fonte d’Amore e si dispersero nei paesi alle pendici del monte Morrone, aiutati dalla popolazione locale, in attesa di traversare il fronte.

Alla fine del muro di recinzione, un vialetto con l’indicazione «base addestrativa di Fonte d’Amore» consente di dare un’occhiata esterna agli ambienti della base e di sostare davanti al monumento dedicato al capitano pilota Francesco Santoro, «morto tra barbare torture» il 23 ottobre 1943, medaglia d’oro al valor militare. Proseguendo sulla strada per Marane, si raggiunge Fonte d’Amore, la fontana celebrata da Ovidio. Un’area di sosta, con panchine all’ombra degli alberi, invita a leggere i versi ovidiani tratti da Tristia (IV,10,3-4) «Sulmo mihi patria est, gelidis uberrimus undis milia qui novies distat ab Urbe decem» («La mia patria è Sulmona, ricchissima di gelide acque, che dista nove volte dieci miglia da Roma») e dagli Amores (II,16,1-2) «Pars me Sulmo tenet Paeligni tertia ruris parva sed inriguis ora salubris aquis» («Sono a Sulmona, una delle tre città della campagna peligna; è una piccola località, resa però salubre dalle acque che la irrigano»).

Ripreso il cammino, si costeggia il muro di recinzione della base logistica fino all’altana finale. Si volta a sinistra su una strada asfaltata, in compagnia dei segnavia bianco-rossi del Cai di Sulmona. Superato il muro di recinzione della base, si prosegue in salita tra gli ulivi, in direzione delle incombenti pareti rocciose del Morrone. Lasciato l’asfalto si segue una sassosa sterrata fino a un bivio. Si lascia a destra il sentiero n. 7 e si continua a sinistra sul sentiero n. 7A (cartello indicatore per il Santuario di Ercole Curino). Tra pini e cipressi si traversano le pendici nord-occidentali della montagna con bel panorama sulla conca peligna in direzione dell’eremo. Si raggiunge la recinzione dell’area archeologica e per un cancello aperto si entra a visitare i resti della chiesetta celestiniana e le terrazze del tempio italico-romano con il sacello. Dall’area una stradina in salita porta al belvedere e in breve al piazzale dello Chalet, con posto di ristoro, area picnic e posteggio auto. Fin qui avremo impiegato circa un’ora. A sinistra del bar, un ripido sentiero, a tratti scalinato e scavato nella roccia, ascende in circa 20 minuti all’eremo di Sant’Onofrio al Morrone a 637 m di quota. Restaurato dopo le cannonate dell’ultima guerra, l’eremo conserva ancora l’aspetto arcigno che aveva all’epoca di San Pietro Celestino. Aperto la domenica, l’eremo conserva l’oratorio, diversi affreschi e una serie di celle e locali che hanno ospitato figure isolate di religiosi ed eremiti laici. Un piccolo slargo consente di dominare con lo sguardo tutta la Valle Peligna e di riconoscere i principali gruppi montuosi che la delimitano. Nella piana si distinguono in particolare la città di Sulmona, la base di Fonte d’Amore e la Badia Morronese. A sinistra si osserva Colle Mitra e tutta la cresta di del monte Rotella, la valle del Gizio e il monte Genzana, la valle del Giovenco, la valle dell’Aterno con le gole di San Venanzio. Riscesi al piazzale dello Chalet, si segue ancora in piacevole discesa nel bosco la strada asfaltata che in 1,8 km costeggia un’area giochi, tocca la cappella della Madonna degli Angeli, dedicata ai caduti di guerra e, con un ultimo tratto di rettifilo, torna al punto di partenza, l’ingresso della Badia Morronese.


Ne l’avventura d’un povero cristiano Silone rilegge la vita di Pietro da Morrone, il santo eremita della montagna abruzzese: l’austera ascesi negli eremi della Majella, l’elezione a papa nel 1294 col nome di Celestino V, la tormentata esperienza del pontificato, la decisione del «gran rifiuto» e le dimissioni, la persecuzione, la prigionia e la morte nella rocca di Fumone. Il contrasto tra la fede povera e profetica dei «fraticelli» del Trecento e il trionfalismo di una chiesa compromessa con il potere, non immune dalla corruzione e dalla sopraffazione, suggerisce ancora oggi qualche domanda sul destino dell’uomo a contatto con il potere. Scrive Silone che «vi è nella coscienza dell’uomo un’inquietudine che nessuna riforma e nessun benessere materiale potranno mai placare. La storia dell’utopia è perciò la storia di una sempre delusa speranza, ma di una speranza tenace». Ecco una scena del dramma celestiniano:


Pier Celestino: I giovani come voi sono ora la mia speranza.

Fra Angelo: Siamo ridotti in pochi. Tanti che erano con noi nel momento del trionfo, ora ci hanno abbandonato.

Pier Celestino: Può darsi che altri, nell’intimo della loro coscienza, siano ora con noi, e noi neanche li conosciamo.

Gioacchino: Non c’è da temere che, di fronte alle persecuzioni, la loro specie si diradi e si estingua?

Pier Celestino: No, francamente non lo temo. Vi sarà sempre qualche cristiano che prenderà Cristo sul serio, qualche cristiano assurdo come ama dire Bonifazio. Poiché gli stessi che lo tradiscono, non possono distruggere il Vangelo. Lo possono nascondere, ne possono dare interpretazioni di comodo, ma non distruggerlo. Per cui ogni tanto qualcuno lo riscoprirà e accetterà con animo sereno di andare allo sbaraglio.

Itinerario

L’anello escursionistico ha una lunghezza di circa 5 km. Il tempo di percorrenza è di circa due ore (visite escluse). Il dislivello è di 275 metri.

Cartografia: Carta turistica Parco nazionale della Majella, scala 1:50.000, Monte Meru editrice, 2007; CAI sezione di Sulmona, Carta dei sentieri Montagne del Morrone, scala 1:25.000.

Note tecniche

In giro per il web

La visita virtuale della conca peligna può iniziare dalla mappa interattiva del sito istituzionale della Comunità Montana Peligna (www.comunitamontanapeligna.it). Su Celestino V il Centro internazionale di studi celestiniani (www.operacelestiniana.org) propone piste di ricerca, convegni, una rivista e una ricca bibliografia. Per conoscere e visitare gli eremi celestiniani è essenziale il volume che Edoardo Micati ha dedicato a Eremi e luoghi di culto rupestri della Majella e del Morrone (Carsa, 1990). Utile è anche la guida di Carnovalini e Ferraris Gli eremi di Celestino V. 29 giorni a piedi e in treno attraverso Abruzzo, Molise, Puglia, Campania e Lazio (Terre Di Mezzo, 2008).

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