Il Parco della Forza e la Cava d'Ispica

Vertigine. Sì, la sensazione che si prova quando dal Parco di Ispica ci s’affaccia sul profondo della Cava è proprio quella dello stordimento, del capogiro. Le pareti scendono verticali, il canyon si divide in rami che fratturano il tavolato ibleo e s’insinuano in terra incognita, la vegetazione s’arrampica sulle rocce e ruba spazio agli occhi neri che svelano e celano il mondo ipogeo.  Ma alla vertigine fisica del paesaggio si aggiunge la vertigine geografica e storica. Ispica è più a sud di Tunisi. La Spagna, la Grecia e la Turchia sono a nord. E questo sperone, che è più meridionale della Sicilia, guarda direttamente a Tripoli, Bengasi e Alessandria d’Egitto, appena al di là di un braccio di mare. Tra le grotte che abbiamo di fronte si celano moschee rupestri e cripte bizantine, insediamenti umani dell’età del bronzo e tracce dei coloni greci, catacombe paleocristiane e ddieri arabi, templon e chorion, vasche di pietra destinate ai battesimi, ai palmenti e alla conceria, fortificazioni normanne e vasi rinascimentali. Un sito che è stato ininterrottamente abitato dal neolitico ad oggi, ma che ha avuto una grande cesura con il terribile terremoto della fine del Seicento che ne ha segnato un grave collasso. Le Cave scavate dai fiumi che solcano l’altopiano ibleo tra Ragusa e Siracusa somigliano alle Gravine pugliesi dell’arco jonico e agli Uadi del Maghreb e del Sinai. E custodiscono nei loro anfratti intere città trogloditiche, agglomerati rupestri, ddieri (dall’arabo al-diyar, le case), abitazioni in grotte a schiera, insediamenti di cresta con masserie fortificate. La visita della Cava d’Ispica, «valle lunga e magra, bucherellata di grotte antiche e sacelli, diserbate muraglie, intreccio di tunnel e oblò offerti alle allegrie della luce» come la definì Gesualdo Bufalino, è un’emozione da non mancare.

L’itinerario

Dopo la visita di Ispica e delle sue chiese settecentesche si raggiunge il Parco della Forza e il chiosco informativo. La «Forza» occupa l’acrocoro della rupe che sovrasta lo sbocco della profonda Cava Grande e deriva il suo nome dalla fortezza dell’antica cittadella di Spaccaforno. La visita dell’area rupestre è un percorso ad anello in senso antiorario. Si toccano subito i ruderi del Palazzo Marchionale, distrutto dal terremoto: se ne riconoscono alcune stanze pavimentate, cisterne e granai, una colonna, mura e ambienti di servizio ma, certo, occorre un grande sforzo d’immaginazione per pensarne la struttura originaria. Più caratteristici sono i vicini ruderi di una chiesetta semi-rupestre, dedicata inizialmente a San Pietro e poi convertita al culto dell’Annunziata. anche qui della chiesa non è rimasto molto ma sono assai scenografiche le fosse sepolcrali che occupano il piano della navata e dell’abside. Si svolta ora a sinistra lungo una sfilata di grotte di buona fattura. La grotta destinata ad abitazione ha l’ingresso di forma rettangolare o trapezoidale ed è fiancheggiata da una grotta aperta verso l’esterno utilizzata come stalla o come laboratorio. All’interno si osservano i passaggi di collegamento, le nicchie e le mensole, le canalizzazioni per l’acqua, i fori sfiatatoio dei fumi. Segue un’imponente scala rupestre che collegava direttamente la parte bassa a quella alta della cittadella. Proseguendo lungo la strada si raggiungono le Scuderie del palazzo. La grotta è chiusa da un muretto verso l’esterno e contiene una lunga mangiatoia con anelli intagliati nella roccia per la ferma dei cavalli. Sul pavimento sono visibili le canalette per il drenaggio dei liquami. Più avanti, in un angolo pittoresco del parco, tra recinti di pietra all’ombra di un leccio, è la grotta riutilizzata come Antiquarium e dotata di un’ampia vetrata d’ingresso. Vi sono sistemati alcuni reperti rinvenuti nel sito come ceramiche, oggetti di pietra e lapidi scolpite databili dalla preistoria al periodo rinascimentale. Oltrepassate alcune grotte un tempo utilizzate come stalle e dotate di mangiatoie si raggiunge il sito più sorprendente del Parco. Definito come “Centoscale”, è un cunicolo a sezione rettangolare, scavato diagonalmente nella roccia con buona regolarità, che scende ripidamente verso il fondo della Cava e il greto del torrente grazie a oltre duecento gradini oggi un po’ sconnessi e incisi dall’acqua. La scala sotterranea è stata forse utilizzata per 1’approvvigionamento idrico del Castello in caso d’assedio o per un rapido collegamento protetto con gli insediamenti alla base della Cava, ma resta ancora una struttura enigmatica. Si può ora affacciarsi sul balcone naturale per osservare con attenzione il ramo principale della Cava d’Ispica con le sue sinuose diramazioni. Una strada sterrata ne percorre il fondo e collega la chiesa rupestre di Santa Maria della Cava, le vasche rupestri della Conceria, le grotte Lintana e l’eremo del monaco Ilarione. Le pareti di fronte hanno il colore della cenere e mostrano fori, scavi e sgrottamenti di tombe preistoriche e ipogei franati. Una piccola anticipazione dei tesori che la Cava mostrerà più avanti, sulla strada per Modica. Si risale ora verso il teatro attrezzato per spettacoli all’aperto che sfrutta il declivio roccioso con il palco orientato verso la Cava e la città. Di qui un breve percorso riporta all’ingresso e al chiosco.


La visita al Parco della Forza può essere prolungata lungo la Barriera, la tortuosa strada che scende a tornanti sul fondo della Cava. Utilizzata anche per una suggestiva rappresentazione natalizia del Presepe vivente, la strada è fiancheggiata da pareti rocciose traforate da numerose grotte tuttora utilizzate. Addentrandosi nella valle si scoprono santuarietti rupestri, la necropoli sicula di Scalaricotta con tombe a grotticella e diverse cappelle ipogee. Dalla strada si può poi risalire per un tratto il fondo della Cava.


La conoscenza del mondo rupestre della Cava d’Ispica può essere ulteriormente approfondita con un’escursione al Parco Archeologico, raggiungibile con una deviazione dalla strada statale per Modica. Si possono visitare la Larderia, una grande catacomba paleocristiana con più di 300 tombe distribuite su tre corridoi, il sacello rupestre di S. Maria, il Camposanto con 60 tombe paleocristiane, le grotte cadute, il santuarietto di S. Nicola con sbiaditi affreschi bizantini, la grotta dei Santi con decine di figure di Santi in affresco in stile bizantino, la Spezieria (chiesetta rupestre triabsidata), la grotta della Signora con tombe a falsa tholos, e, sul pianoro, i ruderi della chiesa di San Pancrati e la necropoli di Baravitalla databile alla prima età del bronzo. Un altro bivio dalla statale conduce alla visita del Castello, un insediamento rupestre a più piani, al grandioso complesso rupestre del Convento e al santuarietto rupestre di Sant’Alessandra, dove sono visibili tracce di affreschi. Interessante è anche la catacomba paleocristiana di S. Marco che si trova nella contrada omonima, nella parte finale della Cava.

Per approfondire

La Regione Sicilia offre un database dei parchi, dei musei e dei siti archeologici, consultabile online (www.regione.sicilia.it/beniculturali) con schede accurate sul Parco archeologico e il Parco della Forza d’Ispica. Attraente e ben sviluppato è il sito dedicato agli itinerari culturali del medioevo siciliano e in particolare al sito rupestre di Cava d’Ispica a cura dell’Istituto centrale per il catalogo e la documentazione

(www.iccd.beniculturali.it/medioevosiciliano). Il sito istituzionale del Comune d’Ispica (www.comune.ispica.rg.it) dedica alla Cava schede descrittive e fotografie. Eccellente è la galleria di foto relative a Ispica archeologica di Sicilia Fotografica (www.siciliafotografica.it).

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