Per approfondire

La preparazione della visita può iniziare dall’ampio sito istituzionale del Comune di Chiusi (www.comune.chiusi.siena.it) dal quale si può scaricare l’opuscolo «Chiusi sotto». Ricco di itinerari e di foto è il sito turistico della Pro Loco (www.prolocochiusi.it).

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Il «ventre» di Chiusi

Chiusi è una città storica della Val di Chiana senese molto amata dai turisti soprattutto per il suo Museo Etrusco. Raccolta sul colle, percorribile senza fatica, accogliente e ricca di memorie custodite nei suoi musei, si collega ai magnifici circuiti turistici della Toscana amiatina, della vicinissima Umbria e della Tuscia laziale. Ai piedi del suo colle Chiusi aggiunge le attrazioni dei laghi, ricordo delle antiche paludi, il sentiero ciclopedonale della Bonifica, gli affreschi paralleli delle tombe etrusche della Scimmia e della Pellegrina e le catacombe cristiane di Santa Mustiola e Santa Caterina.

Se inseriamo Chiusi nel nostro viaggio a piedi nell’Italia rupestre è però per il suo stupefacente «ventre» sotterraneo. Gallerie, grotte, antri, cisterne, sono collegati in un groviglio di vie d’acqua, di depositi di reliquie urbane, di leggende medievali, come un immenso intestino ipogeo, i budelli di un ventre che ha generato e fatto vivere prima l’etrusca Clevnis, poi la romana Clusium e oggi la Chiusi sulla valle del Clanis/Chiana.

Il labirinto di Porsenna


La guida che vi precede con la lanterna, novello Virgilio di una moderna descensio ad inferos, vi narra le antiche storie di Porsenna, mitico lucumone etrusco capace di conquistare Roma, il cui fastoso mausoleo giacerebbe nel cuore della rupe di Chiusi, protetto da un inestricabile labirinto ctonio. Questa leggenda medievale, nutrita da un passo della Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, ha scatenato un gran numero di cacciatori di tesori e li ha spinti a scendere nelle viscere urbane, a sturare le antiche gallerie etrusche, a cercare indizi di quel sarcofago di Porsenna custodito in un cocchio d’oro trainato da dodici cavalli tutti d’oro, vegliato da una chioccia e da cinquemila pulcini d’oro anch’essi. Le leggende sono ormai evaporate nella modernità (ma sono raccontate ai curiosi dal nuovo Museo Civico) e oggi il labirinto di Porsenna è “solo” un percorso sotterraneo nei cunicoli del sistema idraulico etrusco e degli acquedotti che s’irradiavano sotto tutta la città. Vi si accede con una guida dal Museo della Cattedrale, scendendo alla base delle mura etrusche e romane e penetrando nel sistema dei cunicoli lungo un piano di calpestio che incrocia le gallerie d’acqua e le loro diramazioni. Dall’alto occhieggiano le luci dei pozzi, quei fori ascendenti praticati nella volta del cunicolo per agevolare gli scavi e aerare le gallerie. S’incontrano poi i pozzi, a sezione cilindrica e rivestiti di ciottoli o blocchi di travertino, e le cisterne, quei serbatoi sotterranei scavati per immagazzinare l’acqua piovana e proteggerla dall’evaporazione e dall’inquinamento. Particolarmente emozionante verso la conclusione del percorso è la monumentale cisterna etrusco-romana, a pianta circolare, con pilastro centrale e doppia volta a botte, realizzata con grandi blocchi di travertino murati a secco. E infine, la sorpresa finale. Dal fondo del mondo ipogeo si ascende faticosamente lungo gli infiniti ma comodi gradini che risalgono la torre campanaria della cattedrale. Dalla sommità ci si affaccia sub divo su un luminoso panorama circolare. Spiccano in basso i tetti di tutta la città e l’insolita veduta aerea della Cattedrale di San Secondiano; a occidente si staglia il profilo del monte Amiata e ruotando in senso orario si svelano i tre laghi di Chiusi, di Montepulciano e del Trasimeno, i colli dell’Umbria e la fuga della Val di Chiana verso mezzogiorno.


La città sotterranea


L’avventuroso viaggio nel ventre di Chiusi prosegue a partire dall’esemplare Museo civico, che ne è una curata introduzione didattica e documentaria. Una nuova guida vi accompagna lungo le vie del centro storico per approdare al Palazzo Bonci Casuccini e insinuarsi nelle sue sorprendenti cantine. Inizia un percorso di archeologia della vita economica locale. In quella che può essere definita una fattoria urbana ipogea scorrono gli strumenti per la vinificazione delle uve, i torchi, le cisterne murate, le botti. Fa da ideale benchmark la ricostruzione della cantina etrusca, animata da pannelli, con un’antologia di orci, anfore, giare e vasi di terracotta a due anse infilati in un letto di sabbia che garantiva una temperatura fresca e costante al vino. Curiosa e appagante è la ricostruzione delle rive del lago di Chiusi, della vegetazione lacuale e delle attività legate alla pesca, con la presenza di una barca a fondo piatto, delle reti per la cattura di lucci, tinche, carpe e persici e delle nasse per la caccia alle anguille. Un breve cunicolo conduce a un balconcino di ferro che si affaccia su un grande pozzo sotterraneo di età etrusca e al bacino di acqua sorgiva sul fondo, d’intenso color verde smeraldo. Il silenzio di questo laghetto, detto di Fontebranda, è ritmato dallo stillicidio cadenzato delle gocce. E infine ci s’introduce nella sezione più emozionante: una galleria ipogea che espone circa 300 urne cinerarie etrusche e alcune centinaia di tegole funerarie iscritte. Sulla facciata delle urne scorrono le immagini scolpite dell’aldilà etrusco, i mostri alati, le gorgoni, le scille, le scene d’addio. Le tegole hanno scritte etrusche, ma anche latine e bilingui e costituiscono una sorta di anagrafe del mondo antico. Divertente è, ad esempio, la diversa trascrizione latina ed etrusca del toscanissimo nome di Lapo. La visita è indubbiamente appagante.

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