Per approfondire

L’area è protetta dalla Riserva naturale Monte Casoli di Bomarzo istituita con Legge regionale nel 1999 e gestita dalla Provincia di Viterbo e dal Comune di Bomarzo (www.parchilazio.it/bomarzo).

Escursioni a Corviano, corredate da mappe e foto, sono pubblicate nelle guide scritte da Giovanni Menichino (Escursionismo d’autore nella Terra degli Etruschi – Viaggio nella Tuscia – I monti Cimini e le valli delle antiche civiltà rupestri, Laurum, Pitigliano, 2008), da Stefano Ardito (A piedi nel Lazio, volume III, Guide Iter, Subiaco) e dai soci della Società archeologica viterbese “Pro Ferento” (Tuscia nascosta – Guida ai luoghi antichi nella campagna viterbese, Viterbo, 2006). L’abitato di Monte Casoli nel medioevo è stato studiato dalla Facoltà di beni culturali dell’Università della Tuscia.

Itinerari

L’abitato rupestre di Monte Casoli

Se la Tuscia è un immenso giacimento archeologico, Bomarzo è la capitale di un’area dove la densità di beni culturali raggiunge l’apice. Il suo Bosco Sacro cinquecentesco, conosciuto come il Parco dei Mostri, è un famoso complesso naturale e monumentale di grande suggestione, cosparso di gigantesche figure di animali mostruosi e fantastici e di esseri mitologici favolosi. Un’iscrizione esplicita accoglie il visitatore: «Voi che pel mondo gite errando vaghi / di vedere maraviglie alte e stupende / venite qua, dove sono faccie horrende / elefanti, leoni, orsi, orchi et draghi». Accanto al Bosco Sacro, altri boschi nei dintorni di Bomarzo celano meraviglie archeologiche, abitati rupestri, singolari monumenti scolpiti in epoche remote. La Selva di Malano e il bosco del Serraglio stupiscono gli escursionisti svelando vie cave, scalinate, altari, necropoli, templi, piramidi. La nostra escursione va invece alla scoperta di un altro bosco, quello che avvolge il Monte Casoli e il suo abitato rupestre di antica origine etrusca ma riutilizzato nel medioevo. La zona è talmente interessante sia dal punto di vista naturalistico che da quello archeologico che ha meritato di essere tutelata da una Riserva naturale regionale.

L’itinerario


Bomarzo è facilmente raggiungibile dall’omonima uscita del raccordo autostradale Orte-Viterbo o dal casello di Attigliano dell’autostrada del Sole. Giunti a Bomarzo si percorre prima la strada asfaltata che scende al “Parco dei Mostri” e poi si segue la successiva sterrata che in 3,5 km scende al Fosso Castagnola, risale aggirando il monte Casoli e termina nel parcheggio della Riserva naturale. A piedi si risale il colle e si entra subito nell’area di visita.

L’abitato medievale di Monte Casoli manifesta la sua natura rupestre nelle abitazioni in grotta ma conserva, come ogni villaggio che conta, il castello e la chiesa. Le antiche origini etrusche sono facilmente  individuabili nella collocazione su un’alta rupe incuneata alla confluenza di due corsi d’acqua, difesa per tre lati da pareti scomode e ripide che scendono sul letto del torrente Castagnola e della Vezza e sulla cresta meridionale da un vallo fortificato e da un fossato. Medievale è invece la chiesa prima romanica e poi cinquecentesca di Santa Maria, che emerge in una piccola radura nel bosco circostante. Oggi si presenta parzialmente incastrata nel declivio come addizione di una più antica chiesa rupestre triabsidata visibile sul retro e accessibile dall’interno. La facciata ha un portale con un timpano triangolare, due basse finestre quadrate, un occhio superiore e un campaniletto a vela. L’aula interna prende luce anche dalle monofore collocate in alto sulle pareti. Ovviamente medievale è anche il vicino Castello che esibisce oggi i suoi scarsi ruderi, malinconici moncherini eredità di un passato principesco documentato dal Trecento al Cinquecento.

La componente più pittoresca dell’abitato è quella delle grotte, scavate a schiera sul bordo superiore del colle. Viste di fronte somigliano ai cento occhi di un Argo mitologico, a profonde pupille sovrastate da lunghe ciglia di tufo sottile e da una folta capigliatura verde. Viste da vicino mostrano i segni dell’interramento e delle frane, che ne limitano la visita. Alcune grotte hanno un solo vano e denunciano l’antica origine etrusca di tombe con i letti rocciosi per la deposizione dei defunti. Altre grotte, di forma allungata, sono state probabilmente utilizzate come ricoveri per gli animali; l’uso delle cavità per la stabulazione degli animali continua peraltro ancora oggi ed è facile verificarlo osservando gli ovili attrezzati sotto roccia. All’allevamento, in questo caso dei piccioni, è destinata la grotta-colombaia con le pareti rivestite di nicchiette, presente nell’abitato. Le grotte più interessanti sono quelle strutturate in più vani collegati da passaggi interni e aperti all’esterno da porte e finestre. Si tratta verosimilmente di abitazioni, magari temporanee, utilizzate stagionalmente. Gli abitanti delle grotte erano pastori ma anche agricoltori e artigiani. Lo conferma la presenza nel villaggio di una macina di pietra, di una pestarola e di una grotta palmento dotata di vasca interna e di strutture rocciose di servizio per la spremitura. I percorsi di accesso alle grotte sono agevoli nella parte alta del colle ma si complicano e diventano acrobatici quando si scende sui sentierini ripidi che vogliono raggiungere le cavità più nascoste. Si rivelano pertanto opportune le staccionate collocate a protezione dei rischi di caduta.

L’ultima presenza segnalata in questo abitato è quella delle vie cave, le tagliate che danno accesso alla rupe insieme con il largo fossato che la difende. Profondamente incise nel tufo, le vie cave sono trincee artificiali che consentono di superare le ripide pareti del colle altrimenti inaccessibili. Percorrerle significa restare avviluppati in una galleria vegetale e minerale, in un fascinoso itinerario uterino che dal mondo delle ombre sbocca sulla luce accecante della sommità del colle. Le vie cave sono le tracce di  un sistema viario che collegava il villaggio del “Poggio Lungo” di Monte Casoli al villaggio rupestre di Corviano seguendo la valle della Vezza e attraversando le Selve di Malano e del Sasso. Questi boschi custodiscono una straordinaria collezione di enigmatici monumenti che i nostri progenitori realizzarono lavorando i massi erratici qui rovinati da antiche eruzioni. I più suggestivi di questi solitari monumenti sono la Piramide etrusca, il Sasso delle madonnelle, il Sasso del predicatore, l’Altarone cubico, i monumenti funebri dedicati e la Tomba del re e della regina.

Civiltà rupestre

Passeggiate trogloditiche