Itinerario in Puglia

Bitonto. Quattro visioni dell’Aldilà

Le tappe dell’itinerario

Il Giudizio universale nella Badia di San Leone


Erede di un complesso monastico benedettino assai influente nella storia economica della città di Bitonto, la Badia di San Leo sorge vicino ai giardini della Villa comunale e conserva dell’antica struttura il chiostro e un’aula ecclesiale rettangolare con un grande arco ogivale che la separa dalla zona presbiteriale. Le tre pareti del presbiterio sono interamente affrescate. La parete di sinistra è decorata da un Albero della Croce e dalla figura di San Benedetto in cattedra, mentre la parete di destra è dedicata agli evangelisti e ai santi. La parete di fondo, dietro l’altare, propone una visione quattrocentesca del Giudizio universale, martoriato da lacune e sovrapposizioni, ma ancora ben leggibile.

La lunetta dell’arco di fondo è dedicata alla visione del Giudice. Il dipinto sintetizza due immagini tradizionali del Cristo trionfante: la prima è quella della regalità di Cristo, simbolizzata dal trono dorato sul quale il Re dei Re siede tra preziosi cuscini, reggendo lo scettro e il libro della vita; l’altra immagine è quella della seconda parusia, simbolizzata dalla mandorla sorretta da due angeli, ovvero il varco attraverso il quale il Giudice attraversa i sette cieli e ritorna per la seconda volta sulla terra a pronunciare il giudizio di salvezza o di dannazione.

La fascia orizzontale dipinta sotto la lunetta mostra il tribunale celeste, composto dai dodici apostoli. L’affresco è così l’esatta trascrizione delle parole che Gesù rivolge ai suoi apostoli: «in verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d'Israele» (Mt 19, 28). Degli apostoli in giudizio restano leggibili solo gli ultimi quattro sulla destra; siedono su scranni invisibili e poggiano i piedi su una predella di legno, come nei cori delle cattedrali.

L’affresco continua nella fascia inferiore ed è spartito in due dal finestrone centrale. Nel pannello in alto a destra è dipinta la scena della condanna dei reprobi e della loro cacciata all’inferno. L’angelo vendicatore, espressione della giustizia divina e della sentenza di condanna, sguaina la sua spada e spinge un gruppo di dannati in una zona aspra e rocciosa. I reprobi sono abbigliati con i loro vestiti abituali e con le calzature a punta; mostrano nel viso l’orrore che provano alla vista del sottostante inferno ed esprimono con le mani gesti di raccapriccio e disperazione. Il pannello inferiore di destra non è purtroppo leggibile.

I due pannelli di sinistra recano la scena del corteo dei beati. Il particolare più originale disegnato in questa scena richiama il sogno di Giacobbe ed è la raffigurazione molto ingenua di una scala che dalla terra sale verso il cielo; nella scena in basso i gradini salgono da destra verso sinistra, mentre nella scena superiore, come in corrispondenza di un pianerottolo, la direzione della scala s’inverte e procede da sinistra verso destra. In basso, un angelo ad ali spiegate afferra per un polso il primo beato e guida i risorti sulla scala indicando loro il cielo; rispetto ai dannati, gli abiti dei beati hanno colori molto più tenui; i volti sono sorridenti e in qualche caso ancora increduli. Nella scena superiore il corteo delle gerarchie ecclesiastiche è accolto direttamente da San Pietro. L’apostolo scende gli ultimi gradini, afferra un Papa per il polso e lo incoraggia a varcare la porta che dà accesso al Paradiso, alla città di Dio, l’apocalittica Gerusalemme celeste.


Il portale della Cattedrale. La discesa di Gesù agli inferi


La cattedrale di Bitonto è una delle più belle espressioni del romanico pugliese. Il suo portale centrale è molto ammirato per l’archivolto decorato di figure animali e per il sovrarco scolpito con foglie d’acanto, sorretto da una coppia di grifoni e sormontato da un pellicano, uccello simbolo dell’amore di Cristo per i suoi figli. L’architrave contiene una fascia scolpita con episodi della vita di Maria: l’annuncio dell’angelo, la visita a Elisabetta, la natività con l’omaggio dei re magi, la presentazione di Gesù al tempio. La lunetta contiene la scena dell’Anastasis, la discesa di Gesù agli Inferi. Tra la sua morte in croce e la sua risurrezione, Gesù sarebbe dunque disceso nel mondo infernale. Questo episodio, proclamato nel nostro Credo («discese agli inferi»), non esiste nei Vangeli ma è riportato da Pietro nella sua prima lettera quando ricorda che Gesù «si recò a predicare anche agli spiriti in carcere, che erano stati increduli un tempo» e sviluppato dal Vangelo di Nicodemo. Il tema è molto caro alla tradizione alla tradizione bizantina e salda il nuovo al vecchio testamento, salvando i giusti d’Israele. Nella lunetta di Bitonto Gesù scende agli inferi tenendo in mano la croce patriarcale del suo sacrificio; con la mano destra afferra il polso di Adamo e lo aiuta a uscire dal “carcere” del peccato originale, insieme con Eva e gli altri patriarchi; di fronte a Gesù è il re David che suona l’arpa.


La chiesa del Purgatorio. La morte e il Purgatorio


La chiesa fu costruita a Bitonto nel 1670 su commessa della Confraternita del Purgatorio (templum hoc fidelium eleemosynis noviter extruendum). La dedicazione è a Maria, la madre di Dio consolatrice degli afflitti (deiparae afflictorum consolatrici), per la cui intercessione le anime del Purgatorio che si sono purificate nel fuoco possono salire in Paradiso. La trabeazione del portale sostiene la scultura con la visione delle fiamme del Purgatorio e delle anime che vi soggiornano. Agli estremi, un uomo e una donna avvolti dalle fiamme fino al torace, sembrano si rivolgono ai fedeli per chiedere preghiere e suffragio che leniscano le loro sofferenze. I volti delle altre otto anime purganti esprimono i più diversi stati d’animo, dalla disperazione di chi è condannato ad una lunga sofferenza, alla speranza di chi, liberandosi progressivamente dal tormento, vede aprirsi la prospettiva del cielo. Due angeli scendono infatti dall’empireo e vengono ad afferrare le mani alzate dei purgati per aiutarne l’ascensione paradisiaca. La figura centrale del gruppo indica con un dito ai passanti gli avvenimenti e ne spiega loro il senso.

Le nicchiette del fregio inferiore ospitano i teschi degli uomini potenti, identificati dal triregno, dalla mitria, dal tricorno e dalla corona. Un richiamo alla vanità del potere. Ai lati del portale sono scolpiti due scheletri allegorici. Il primo esibisce la clessidra, misura del tempo; il secondo ha in mano la falce livellatrice. Essi ricordano ai passanti la caducità della loro vita. La scritta «Qua hora non putatis veniam et metam», ripresa dal vangelo di Luca, significa infatti che «in un’ora che non conoscete verrò e mieterò».


Il Giudizio universale nella Chiesa rurale dell’Annunziata di Campagna.


Il Giudizio universale è affrescato sulla controfacciata ed è opera di Ruggiero Bruno di Cosenza. Cristo giudice pronuncia il giudizio esibendo le piaghe della passione; è circondato da un coro di angeli ed è affiancato dagli intercessori Maria e Giovanni Battista; uno stuolo di santi gli fa corona sulle nuvole del cielo. Compare la scena della risurrezione dei corpi, anche dei morti in mare e della pesatura da parte dell’arcangelo Michele. San Pietro introduce i beati nel Paradiso.

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