Itinerario nella provincia di Novara

Paruzzaro. Il Giudizio universale di S. Marcello e di S. Siro

Le tappe dell’itinerario

La preoccupazione dei prevosti per la salute spirituale e la salvezza eterna degli abitanti di Paruzzaro doveva essere ben viva se entrambe le chiese del borgo furono dotate di immagini del Giudizio universale, dell’Inferno e del Paradiso.


La prima delle due chiese è quella di San Marcello al Cimitero. Le sue pareti interne sono quasi completamente rivestite da affreschi del Quattrocento e del Cinquecento. Le immagini avevano, come d’abitudine, uno scopo catechetico e didattico e illustravano la vita e la passione di Gesù. Il grande ciclo della salvezza si concludeva con la visione del Giudizio universale. La visione parusiaca può però iniziare già dall’abside dove compare un Cristo in maestà sovrapposto alle immagini dei dodici apostoli e delle opere di misericordia corporale. Secondo il vangelo di Matteo è proprio sull’essersi presi cura del prossimo che sarà basato il giudizio individuale alla fine dei tempi. Colui che avrà sfamato, dissetato e rivestito i bisognosi, che avrà accolto i pellegrini e avrà portato conforto ai malati e ai carcerati sarà accolto tra i beati in paradiso. E colui che si sarà invece disinteressato del suo prossimo o che ne avrà procurato le sofferenze, sarà destinato all’inferno.


Ci spostiamo ora sulla rappresentazione escatologica del Giudizio universale. L’artista è Sperindio Cagnoli e l’opera risale ai primi anni del Cinquecento.

A presiedere il Giudizio è direttamente Dio Padre, che prende irritualmente il posto di suo Figlio. Il messaggio resta tuttavia esplicito. Dio giudice appare tra le nuvole e siede sull’arcobaleno, simbolo della nuova alleanza con l’umanità stipulata con il sacrificio del Figlio. L’immagine di Dio è quella tradizionale: capelli e barba bianca, aspetto senile, nimbo dorato, abito regale. La spada a doppio taglio che egli regge nella mano destra è il simbolo della sua parola ‘tagliente’ e del giudizio che separa con un taglio netto i beati dai dannati. La fiaccola che egli regge invece nella mano sinistra simbolizza il fiume di fuoco che si riversa nell’inferno, secondo le parole di Daniele e di Giobbe: «un fuoco non acceso da uomo lo consuma; una fiumana si rovescerà nella sua casa».

Gesù, il Figlio di Dio, è inserito dal pittore nel gruppo degli intercessori, insieme con Maria sua Madre e con Giovanni Battista. Gli intercessori, in ginocchio, scongiurano il giudice di essere misericordioso nei confronti dell’umanità e gli mostrano i meriti rispettivi. Gesù mostra al Padre i fori dei chiodi sulle mani e la ferita del costato, mentre gli angeli esibiscono gli strumenti della Passione (la croce, i chiodi, la colonna della flagellazione, la tenaglia, la canna con la spugna dell’aceto, la lancia di Longino, il flagello). Maria si scopre il petto ed esibisce i seni che hanno nutrito Gesù infante. Giovanni Battista mostra il piatto con la sua testa mozzata, memoria del suo martirio. Nel frattempo due angeli spuntano dalle nuvole e suonano le loro lunghe trombe per risvegliare i morti e chiamarli al giudizio.

Alle spalle della Madonna si accalca una piccola folla di santi e sante che assistono al giudizio. La prima figura è Santa Caterina d'Alessandria con la ruota dentata del suo martirio. La segue il domenicano San Pietro da Verona, con il libro, la palma e la roncola sul capo, memoria del suo martirio. Lo stendardo potrebbe appartenere a Sant’Orsola (che guidava il suo esercito di vergini) o a san Maurizio (a capo della Legione Tebea). Questo insieme di Santi costituisce il Paradiso celeste. A vigilarne la porta d’accesso e ad accogliervi i beati sopravvenienti è San Pietro, raffigurato con le chiavi del regno dei cieli, l’abito pontificale e il triregno, attributi del primo Papa.

Nella fascia dipinta sottostante è descritto il giudizio individuale e la formazione dei due cortei dei salvati e dei dannati. L'Arcangelo Michele giudica i risorti e pesa sulla bilancia a doppio piatto le opere buone e quelle cattive compiute di ciascuno di loro. Semplicemente splendido è il suo abbigliamento, completato dal cromatismo multicolore delle sue ali. L‘angelo sterminatore avvia i dannati verso l’Inferno, raffigurato come la bocca mostruosa del Leviatano biblico, munito di un curioso corno sul muso. Nel tragitto tra la pesatura e la gola infernale i diavoli sottopongono i dannati a sevizie e punizioni. Le condizioni del dipinto sono pessime, ma si riesce ad individuare la pena affittiva degli avari, costretti ad ingoiare oro fuso versato con un mestolo; forse il morso di un serpente all’occhio di una dannata punisce la sua falsa testimonianza o il vizio dell’invidia. Un serpente avvinghia insieme due adulteri lussuriosi. Altri dannati recalcitranti sono bastonati e trascinati di peso al loro eterno destino di perdizione.


La seconda chiesa di Paruzzaro è dedicata a San Siro. Anche qui una visione del Giudizio universale, nella forma di una tela del 1648, accoglie i fedeli e i visitatori. La parte alta del dipinto descrive il Cielo: qui il Cristo giudice, affiancato dagli intercessori, pronuncia il giudizio. Sulle nubi di un Paradiso piuttosto convenzionale sono schierate in ginocchio le gerarchie del clero e dei religiosi. La parte bassa del dipinto è ambientata sulla terra. Vi è descritta, in grande evidenza e con un certo compiacimento sui nudi virili e femminili, la risurrezione dei morti e la successiva separazione dei beati dai dannati. I diavoli accolgono a modo loro i risorgenti e li trascinano di peso nella gola del Leviatano.

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