Itinerario nella provincia di Bergamo

Bergamo. Visioni e frammenti di Aldilà

Le tappe dell’itinerario

Nella bellissima Bergamo Alta andiamo alla ricerca di visioni dell’Aldilà che sono state affrescate nel corso dei secoli in chiese e palazzi e che oggi sono ancora visibili anche se spesso in modo solo frammentario. Possiamo iniziare dalla chiesa di San Michele al Pozzo Bianco, dove un recente restauro ha riportato alla luce scene frammentarie di un più vasto affresco duecentesco dedicato alla Corte celeste e all’Inferno. Nel Paradiso vediamo schierati gli Apostoli e i Profeti. Le scritte sottostanti ci consentono di individuare i profeti maggiori Daniele, Isaia e Geremia. Nel registro sottostante si conservano le figure di beati, forse i Martiri, raccolti in un giardino fiorito. Nell’Inferno un corteo di dannati incatenati al collo è trascinato verso Lucifero da un diavolo-guida; il primo dannato, avvolto da un serpente, è un vescovo con la mitria. L’Inferno contiene anche l’albero del male, ai cui rami spinosi sono infilzati i dannati. Vi troviamo anche Giuda, impiccato a un albero, e un dannato cavalcato da un demone.

La cappella centrale è decorata da un ciclo dipinto alla fine del Cinquecento e dedicato a San Michele. Il capo delle milizie celesti combatte la sua apocalittica battaglia contro Lucifero, mentre tutt’intorno gli angeli ribelli sono sconfitti dagli angeli fedeli e sono precipitati all’Inferno (Ap 12). Un’altra scena apocalittica descrive Lucifero incatenato: E vidi un angelo che scendeva dal cielo con in mano la chiave dell'Abisso e una grande catena. Afferrò il drago, il serpente antico, che è diavolo e il Satana, e lo incatenò per mille anni; lo gettò nell'Abisso, lo rinchiuse e pose il sigillo sopra di lui (Ap 20).


Ci spostiamo ora nel Museo Matris Domini, situato nella parte antica dell'omonimo monastero domenicano. Vi troviamo un ciclo di affreschi della prima metà del Trecento proveniente dall’abside trecentesca. Il ciclo comprende i brani superstiti del Giudizio universale affrescato sull’arcone d’ingresso al presbiterio: i giusti; i beati; due angeli tubicini; l’inferno; San Pietro in trono. Di grande eleganza formale sono i due angeli che suonano le trombe del giudizio. Se la raffigurazione della corte celeste e degli eletti risulta piuttosto convenzionale, la descrizione dell’Inferno si fa invece notare per la violenza delle punizioni applicate ai dannati.


L’ultima tappa è l’Aula della Curia, inserita tra la basilica di Santa Maria Maggiore e il Palazzo Vescovile. L’Aula è un vasto ambiente sopraelevato diviso in due da un imponente arcone e rivestito da interessanti affreschi di argomento sia sacro che profano. Il ciclo cristologico si conclude con la scena del Giudizio finale. Il Cristo giudice si manifesta all’interno della mandorla, seduto sull’arcobaleno della nuova alleanza, con il mantello rosso, il nimbo e i calzari. Ha le mani levate e le cinque piaghe in evidenza. Dalla bocca spunta una spada, simbolo del giudizio giusto che separa i buoni dai cattivi. Al giudice fanno corona i due angeli tubicini che suonano le trombe del giudizio e i due angeli che mostrano i simboli della passione. A sinistra, sotto la scritta Paradisii,  vediamo la scena della resurrezione dei corpi degli eletti che si sollevano da un sarcofago scoperchiato e alzano gli occhi al giudice con le mani giunte nel segno della preghiera. A destra, sotto la scritta Infernum, vediamo un secondo sarcofago bianco scoperchiato: ma qui i risorti, destinati alla dannazione, si ammassano in direzione opposta al Cielo.

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