Itinerario nella provincia di Savona

Alassio. L’Inferno nella chiesa di Solva

Le tappe dell’itinerario

Da Alassio si risale il colle dove è appollaiata la vicina e panoramica frazione di Solva. Il nostro obiettivo di visita è la chiesetta della Santissima Annunziata. Entrati nell’aula attraverso il portico esterno possiamo osservare sulla parete di sinistra alcuni affreschi del 1482, riportati alla luce durante i lavori di restauro del 1970. Si tratta dei resti di un ciclo dipinto che aveva probabilmente un’estensione più ampia e che raffigurava i regni dell’aldilà, sui modelli diffusi nelle chiese del Ponente ligure e del Piemonte. Ciò che è rimasto oggi visibile di quegli affreschi mostra le punizioni infernali dei dannati e la cavalcata dei vizi, con un’accentuazione grottesca e popolaresca.


A guidare la cavalcata dei viziosi è un diavoletto nero, caricaturale, con un grande naso, che suona il tempo di marcia dello spensierato corteo col rullo del suo tamburo. Lo stolido gruppo di viziosi, avvinto a una pesante catena, termina il suo viaggio nelle fauci di un pescecane dai denti aguzzi, simbolo della gola dell’Inferno. Dei sette vizi originali restano visibili solo la Superbia e la Lussuria. L’Orgoglio, vizio capitale delle corti, è incarnato da un re incoronato, biondo e giulivo, che cavalca un leone. La Lussuria è invece impersonata da un’allegra miss, elegantemente vestita di verde, che rimira le sue grazie in uno specchio e scopre maliziosamente la gamba: il capro che lei cavalca inalbera le sue corna bianche e rimanda alle sfrenate brame sessuali di cui è proverbialmente protagonista e simbolo.


L’Inferno è declinato in cinque quadri. Vi sono descritte le pene subite da altrettanti peccatori: i superbi, gli avari, i lussuriosi, gli invidiosi e i golosi. Le celle di punizione degli iracondi e degli accidiosi non sono più visibili. Un grottesco Lucifero dalle zampe ferine e unghiute s’impone al centro del girone dei superbi: è incatenato ad una colonna e seduto su uno sfortunato dannato che funge da cuscino. Mastica e deglutisce dannati attraverso una pluralità di bocche collocate sulla testa, sul ventre, sui gomiti e sulle ginocchia. Dall’orifizio anale defeca un superbo dal degradante destino, vittima della spietata legge del contrappasso. A cucinare a puntino e a offrire al re dell’Inferno i bocconi più prelibati è un diavolo nero che sovrintende a due caldaie colme di dannati che bollono sul fuoco.

Una folla di diavoli popola il girone degli avari. Sono figure grottesche che secernono lingue di fuoco da tutti i loro orifizi. Il diavolo “capitano” siede su un traballante sgabello e regge il vessillo del “sepolcro”dell’avarizia. Seguendo le imperiose indicazioni del diavolo “alfiere”, un demonio che si solleva da terra grazie a una flatulenza di gas infuocati, gira lo spiedo sul quale arrostisce un dannato a guisa di porchetta. Un secondo dannato soffre in una caldaia posta sul fuoco. Un terzo dannato è costretto con un imbuto nella gola a ingoiare l’oro fuso che un demonietto gli versa da una botticella. Due altri diavoli “portatori” chiacchierano amabilmente tra loro: hanno il compito di raccogliere i dannati e di caricarseli nelle gerle del fieno e dell’uva che hanno sulle spalle per poi rovesciarli tra le fiamme infernali: il pittore li coglie argutamente in una sosta del loro stressante lavoro di pendolari.

Gli scarsi resti del quadro dedicato ai lussuriosi mostrano comunque la pena di un monaco infedele al suo voto di verginità e costretto a subire la pena della griglia infuocata. Un diavolo porta canne per alimentare il fuoco.

Segue il quadro dedicato agli invidiosi e ai vizi loro correlati. I peccatori sono infilzati ai rostri e alle lame di una ruota dentata a quattro raggi azionata da un diavolo. Soggiacciono alla tortura di un vorticoso moto alternato di abbassamento/innalzamento.

L’ultimo quadro mostra le pene dei golosi. I dannati subiscono il supplizio di Tantalo, posti di fronte a una tavola imbandita con fiasco e bicchiere di vino, con un piatto di arrosto e un pane. Un sadico demonietto e un serpente dispettoso fanno ingurgitare a forza schifezze velenose a un bulimico dannato. Ma il vero protagonista del quadro è il demonio pantagruelico che siede beato su una botte di vino: con una mano porta alla bocca un godurioso manicaretto e con l’altra regge una brocca decorata colma di vino. Gli fanno corona serpenti e uccelli di rapina.

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