Itinerario nella provincia di Latina

Tra la Palude Stigia e i Campi Elisi

Le tappe dell’itinerario

I mestieri diabolici: artigiani e commercianti all'inferno


L'inferno è popolato di viziosi. Ma l'immaginario popolare ha sempre sognato di inviare all'inferno anche i propri personali nemici. Ecco perché accanto  ai sette vizi capitali compaiono tra le fiamme i nemici con i quali le comunità cristiane sono di volta in volta in conflitto: i saraceni, i tartari, gli ebrei,  Ci sono però diversi tipi di guerra. V'è certamente la crociata o la guerra santa combattuta con le armi e gli eserciti. Ma c'è una guerra più quotidiana, una guerriglia giornaliera per la sopravvivenza che il popolino combatte contro gli artigiani e i commercianti. E' da loro che dipendono, infatti, il cibo e i servizi essenziali. E da che mondo è mondo, agli artigiani e ai commercianti è stata rivolta l'accusa d'essere esosi, disonesti e ladri. Succede così che negli inferni affrescati sui muri delle chiese - con la tolleranza e la reinterpretazione morale dei teologi di provincia - compaiono questi "chiacchierati" mestieri. Ma questi affreschi hanno ancora il gusto naif delle contese di villaggio, delle mormorazioni di quartiere, delle piccole invidie urbane. E magari l'arciprete, taglieggiato anche lui dal sartore o dal calsolaro, ha voluto togliersi il gusto di una piccola vendetta…

Il tema dei mestieri nel Medioevo merita però un approfondimento. Perchè artigiani e commercianti compaiono tra i dannati negli inferni affrescati nelle chiese? E’ forse il segno di una demonizzazione della nascente borghesia commerciale e del lavoro autonomo emergente da parte della chiesa? O, al contrario, se le nuove classi acquistano spazio sociale in terra, certamente occorrerà trovar loro nuovi spazi in cielo? Le Goff sostiene in proposito che la gerarchia dei mestieri ha conosciuto nel corso del medioevo una netta evoluzione.

In una prima fase – che coincide con l’alto medioevo – la chiesa giudica negativamente un alto numero di professioni, benchè solo alcune siano condannate ex natura (ad esempio l’usura e la prostituzione), mentre per le altre sono condannate ex occasione, e cioè solo in certi casi e secondo le circostanze. Il giudizio negativo o, più radicalmente, di condanna trae origine da alcuni tabù culturali diffusi nel medioevo e riguarda tutti i mestieri ad essi collegati:

  1.   i mestieri collegati al tabù del sangue: macellai, carnefici, chirurghi, barbieri, speziali;

  2. i mestieri collegati al tabù dell’impurità e della sporcizia: cuochi, tintori, follatori, lavandaie;

  3.   i mestieri collegati al tabù del denaro: mercenari, mercanti, usurai, cambiavalute;

  4. i mestieri collegati ai vizi capitali e ai comandamenti del decalogo: soldati, locandieri, giullari, avvocati, notai, giudici, mendicanti, prostitute.

La società occidentale dell’alto medioevo, essenzialmente rurale, manifesta un disprezzo quasi generale per le attività professionali non legate alla terra e all’agricoltura.

Tra l’undicesimo e il tredicesimo secolo il giudizio morale sui mestieri cambia, sotto lo spinta dello sviluppo urbano e della nascita di nuovi gruppi sociali e professionali: gli artigiani, i mercanti e i tecnici. E’ anche la fase in cui il quadro delle tradizionali arti liberali integra le nuove specializzazioni intellettuali e scolastiche nate nelle universitates studiorum.

Di fronte a questa evoluzione – sostiene Le Goff – “la Chiesa si adegua. Impantanata dapprima nel mondo feudale, con la sanzione del suo disprezzo per i mestieri, essa accetta in seguito l’ascesa dei nuovi strati, spesso la favorisce, protegge ben presto i mercanti, fornisce ai nuovi gruppi socio-professionali la giustificazione teorica e spirituale della loro condizione e della loro promozione sociale e psicologica”. Il numero dei mestieri geneticamente illeciti si riduce progressivamente fino ad annullarsi. La distinzione manichea e grossolana tra mestieri leciti e illeciti lascia il passo a più sottili e dialettiche distinzioni generate dalla nuova teologia scolastica. I mestieri non sono più condannati ex natura, ma solo nei casi di cattiva intenzione individuale (ex causa, ex intentione), di eccessiva brama di arricchimento (ex cupiditate, lucri causa), o quando non rispettano la dignità dello status personale (ex persona) o vengono realizzati in ambienti non confacenti e malfamati (ex loci vilitate) o viceversa in chiesa (ex loci eminentia).

Due osservazioni finali. La prima: proprio in un soggetto artistico assolutamente “sacro” come il giudizio finale fanno inaspettatamente capolino temi “profani” o addirittura diventano visibili i riflessi dei conflitti sociali del tempo. La seconda: il paesaggio infernale è molto diverso quando è rappresentato nei monasteri e quando è invece rappresentato nelle chiese urbane. L’inferno dei monasteri è simbolico, organico, finalizzato a rinforzare l’ascesi dei monaci. Negli inferni delle chiese di città frotte di fedeli di tutte le età e condizioni sociali osservano sequenze d’immagini certamente orribili, ma conosciute, nelle quali chiunque può facilmente riconoscersi o individuare il suo vicino.

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