Un percorso ad anello alle falde del Morrone

Fonte d’Amore

È un facile percorso, vario e molto panoramico, nei dintorni di Sulmona. Qui l’8 settembre del 1943 i prigionieri alleati fuggirono dal campo di prigionia di Fonte d’Amore e si dispersero nei paesi alle pendici del monte Morrone, aiutati dalla popolazione locale, in attesa di traversare il fronte. Ne ripercorriamo le tracce, accompagnati anche dai ricordi del poeta latino Publio Ovidio Nasone e di Celestino V, il papa del “gran rifiuto”.

Il quadro ambientale


Il percorso sale dalla conca peligna, traversata dallo storico tratturo Celano-Foggia, alle pendici del Morrone, nel gruppo della Maiella. La Valle Peligna è una delle maggiori conche intermontane d'Abruzzo, incastonata in una cornice montuosa di vette che superano tutte i 2000 metri. Un tempo sede dell’antico “lago peligno”, la piana è oggi attraversata dai fiumi. L’Aterno, che nasce alle pendici del Gran Sasso, scende nella conca peligna attraverso le suggestive gole di San Venanzio. Nei pressi di Popoli riceve le acque del Sagittario, che scende da Villalago attraverso le gole omonime e quelle del Gizio, che proviene da Pettorano, e del Vella, originato da numerose sorgenti nella zona pedemontana tra Campo di Giove e il Guado di San Leonardo.

A est della conca, il Morrone è la dorsale montuosa che si alza ripida a sud delle gole di Popoli e si allunga per circa 20 km fino al Guado di San Leonardo (1282 m), che lo stacca dalla Maiella. Il toponimo “morra” o “morrone” indica in Abruzzo una montagna caratterizzata da ammassi rocciosi e valloni sassosi (rave). Le elevazioni principali sono il monte Rotondo (1731 m), il colle della Croce (1901 m), la vetta del Morrone (2061 m), le Mucchia (1986 m), il monte Mileto (1920 m) e il Morrone di Pacentro (1800 m). L’area dell’escursione è caratterizzata da uno straordinario intreccio di elementi naturalistici (la fons amoris di Ovidio), archeologici (il tempio di Ercole), monumentali e artistici (la Badia Morronese), eremitici (i rifugi di Pietro Celestino) e storici (la base militare di Fonte d’Amore, campo di concentramento al tempo dell’ultima guerra, e oggi sede formativa dell’organizzazione penitenziaria).


Le vicende belliche


Durante l’occupazione tedesca Sulmona assume un ruolo importante per la mobilità delle truppe e dei materiali bellici perché è uno snodo ferroviario all’incrocio delle quattro linee dirette rispettivamente a Roma (via Avezzano), a Pescara, a Napoli (via Castel di Sangro e il Molise) e  a Terni (via L’Aquila). A poca distanza da Sulmona lo stabilimento industriale di Pratola Peligna produce polveri da sparo ed esplosivi destinati ad alimentare il munizionamento bellico. La posizione a ridosso della linea Gustav comporta il rischio delle incursioni aeree alleate. Il primo attacco aereo risale al 27 agosto 1943 ed è particolarmente distruttivo nell’area della stazione ferroviaria dove provoca un gran numero di morti. Altri bombardamenti si succederanno fino alla fine del maggio 1944. Sulmona è anche sede di un campo di concentramento dove sono imprigionati circa tremila militari anglosassoni,  provenienti soprattutto dalle operazioni della guerra in Africa. Il Campo 78 (dalla numerazione che i tedeschi diedero a tutti i campi di concentramento sul territorio italiano) si trova in località Fonte d'Amore, alle falde del monte Morrone e deriva da un più vecchio campo di concentramento fatto costruire per i prigionieri della prima guerra mondiale. La notizia dell’armistizio dell’8 settembre 1943 coglie di sorpresa il comando italiano del campo, colto dal dubbio se lasciare liberi i prigionieri ora alleati o consegnarli ai tedeschi ora nemici-invasori. Nella generale indecisione le guardie allentano la vigilanza e molti prigionieri si danno alla fuga con la speranza di passare il fronte e ricongiungersi alle truppe alleate al di là del Sangro. I giovani prigionieri, che hanno bisogno di tutto, salgono sulla montagna o si rifugiano nei paesi che circondano la Valle Peligna. Nel frattempo il comando tedesco subentra agli italiani nel controllo del campo. Iniziano i rastrellamenti e sono affissi manifesti in cui si intima, pena la morte, di non dare aiuto ai prigionieri e di consegnarli. Tutti i paesi e le case di campagna nascondono prigionieri che ricevono aiuto disinteressato dalle popolazioni.


Erano circa le sei di martedì 14 settembre 1943, e noi quattro – Frank Cochran, Samuel Rochberg, Michael Marchant ed io – avevamo trascorso la notte in un crepaccio sul fianco del monte dietro il Campo Prigionieri di Guerra, a Fonte d’Amore, che avevamo lasciato in gran fretta domenica pomeriggio. Frank aveva cercato invano per tutto il giorno precedente di trovare un sentiero attraverso le montagne con almeno una sorgente per facilitare il passaggio di tremila prigionieri senz’acqua e con poco cibo attraverso il culdisacco della valle di Sulmona; e gli uomini – le cui capacità di resistenza erano state diminuite da diversi anni di prigionia – durante il giorno avevano cominciato a soffrire per la fame, la sete e la stanchezza. (…) C’erano almeno 1500 prigionieri sul fianco della montagna dietro il campo; alcuni, è vero, si erano riparati tra gli alberi, nei crepacci, nei fossi, nei borri dietro le colline e le montagnole, ma molti erano all’aperto, perfettamente visibili dal campo stesso. (…) Guardo di nuovo in su. I miei occhi si posano sui resti della vecchia casa di Ovidio sul fianco della montagna, a sinistra del campo. Le rovine splendono come una melagrana nel sole. (…) Pietro, quello dalla voce profonda, ci disse che il monastero sulla collina nel quale volevamo rifugiarci era già stato occupato dai tedeschi.

(Uys Krige, Libertà sulla Maiella)


L’itinerario


Il punto di partenza del nostro itinerario è l’abbazia di Santo Spirito al Morrone, detta comunemente Badia Morronese. La località Badia (360 m) dista circa 5 km da Sulmona. L’abbazia esprime bene il prestigio e la potenza raggiunti dall’Ordine dei Celestini. Dopo la soppressione degli ordini religiosi, essa fu adibita a carcere e ospita oggi la direzione del Parco nazionale della Majella. Lasciata l’auto, si ammirano le possenti mura secentesche e lo svettante campanile. Fatti pochi metri in discesa, si svolta a sinistra e si segue lungamente (1,2 km) la strada per Marane. Subito dopo il bivio per un kartodromo si trova l’ingresso della Scuola di polizia penitenziaria. Il nuovo edificio, operativo dal 1992, sovrasta la vecchia base logistica di Fonte d’Amore. Nell’area è stata conservata una baracca del campo di prigionia, da cui l’8 settembre del 1943 fuggirono i prigionieri delle varie nazionalità alleate. Alla fine del muro di recinzione, un vialetto con l’indicazione “base addestrativa di Fonte d’Amore” consente di dare un’occhiata esterna agli ambienti della base e di sostare davanti al monumento dedicato al capitano pilota Francesco Santoro, “morto tra barbare torture” il 23 ottobre 1943, medaglia d’oro al valor militare. Proseguendo sulla strada per Marane, si raggiunge Fonte d’Amore, la fontana celebrata da Ovidio. Un’area di sosta, con panchine all’ombra degli alberi, invita a leggere i versi ovidiani tratti da Tristia (IV,10,3-4) Sulmo mihi patria est, gelidis uberrimus undis milia qui novies distat ab Urbe decem (La mia patria è Sulmona, ricchissima di gelide acque, che dista nove volte dieci miglia da Roma) e dagli Amores (II,16,1-2) Pars me Sulmo tenet Paeligni tertia ruris parva sed inriguis ora salubris aquis (Sono a Sulmona, una delle tre città della campagna peligna; è una piccola località, resa però salubre dalle acque che la irrigano).

Ripreso il cammino, si costeggia il muro di recinzione della base logistica fino all’altana finale (ore 0,20). Si volta a sinistra su una strada asfaltata in compagnia dei segnali bianco-rossi del Cai di Sulmona. Superato il muro di recinzione della base, si prosegue in salita tra gli ulivi, in direzione delle incombenti pareti rocciose del Morrone. Lasciato l’asfalto si segue una sassosa sterrata fino a un bivio (ore 0,15-0,35). Si lascia a destra il sentiero n. 7 e si continua a sinistra sul sentiero n. 7A (cartello indicatore per il Santuario Ercole Curino). Tra pini e cipressi si costeggiano le pendici nord-occidentali della montagna con bel panorama sulla conca peligna in direzione dell’eremo. Si raggiunge la recinzione dell’area archeologica (ore 0,15-0.50) e per un cancello aperto si visitano i resti della chiesetta celestiniana e le terrazze del tempio italico-romano con il sacello. Dall’area una stradina in salita porta al belvedere e in breve al piazzale dello Chalet, con posto di ristoro, area picnic e posteggio auto (ore 0,10-1,00). A sinistra del bar, un ripido sentiero, a tratti scalinato e scavato nella roccia, ascende all’eremo di Sant’Onofrio al Morrone a 637 m di quota (ore 0,20-1,20). Restaurato dopo i bombardamenti dell’ultima guerra, l’eremo conserva ancora l’aspetto arcigno che aveva all’epoca di San Pietro Celestino. Aperto la domenica, l’eremo conserva l’oratorio, diversi affreschi e una serie di celle e locali che hanno ospitato figure isolate di religiosi ed eremiti laici. Un piccolo slargo consente di dominare con lo sguardo tutta la Valle Peligna e di riconoscere i principali gruppi montuosi che la delimitano. Nella piana si distinguono in particolare la città di Sulmona, la base di Fonte d’Amore e la Badia Morronese. A sinistra si osserva Colle Mitra e tutta la cresta di del monte Rotella, la valle del Gizio e il monte Genzana, la valle del Giovenco, la valle dell’Aterno con le gole di San Venanzio. Riscesi al piazzale dello Chalet, si segue ancora in piacevole discesa nel bosco la strada asfaltata che in 1,8 km costeggia un’area giochi, tocca la cappella della Madonna degli Angeli, dedicata ai caduti di guerra e, con un ultimo tratto di rettifilo, torna al punto di partenza, l’ingresso della Badia Morronese (ore 0,40-2,00).

Per approfondire

L’escursionista troverà molto utile consultare la carta dei sentieri “Montagne del Morrone”, in scala 1:25.000, pubblicata nel 1997 dalla sezione di Sulmona del Club Alpino Italiano.  La mappa è accompagnata dalla descrizione dei sentieri e da una guida alla montagna e ai paesi del Morrone, scritta da Giancarlo Cerchece. Un buon inquadramento generale della montagna è fornito da Carlo Landi Vittorj nel suo “Appennino centrale” nella collana “Guida ai monti d’Italia” del Cai-Tci. Le più diffuse guide escursionistiche dedicate al gruppo della Majella contengono una selezione di sentieri sul Morrone.


La più affascinante introduzione alla figura di Celestino V, eremita del Morrone, resta tuttora “L’avventura di un povero cristiano” dello scrittore abruzzese Ignazio Silone. Il Centro internazionale di studi celestiniani (www.operacelestiniana.org) propone piste di ricerca, convegni, una rivista e una ricca bibliografia. Per conoscere e visitare gli eremi celestiniani è essenziale il volume che Edoardo Micati ha dedicato a “Eremi e luoghi di culto rupestri della Majella e del Morrone” (Carsa, 1990). I luoghi celestiniani sono visitati da Riccardo Carnovalini e Roberta Ferrarsi in un lungo trekking di 29 giorni (Gli eremi di Celestino V, Terre di Mezzo, 2008).


La visita virtuale della conca peligna può iniziare dal bel sito istituzionale della Comunità Montana Peligna (www.comunitamontanapeligna.it). Una mappa interattiva consente di muoversi nel territorio della comunità, di conoscerne la storia e le caratteristiche ambientali, di visitarne i parchi nazionali, le riserve regionali, i siti archeologici, i centri medievali, tutti i comuni e di informarsi sulle manifestazioni e i servizi turistici. Attraente è il database del progetto “Abruzzotradizioni” che  cataloga e archivia i beni  socio-demo-etno-antropologici dei  comuni del territorio della provincia dell'Aquila. L'archivio  digitale, realizzato con le moderne tecnologie informatiche, è consultabile online (www.abruzzotradizioni.it). Ricco di documenti è il sito del progetto “Abruzzo è Appennino” che raccoglie anche i pdf dell’omonima rivista (www.abruzzoeappennino.com).

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