Itinerario nella provincia di Nuoro

Fonni. I regni dell’aldilà e il Paradiso dei Martiri

Le tappe dell’itinerario


Fonni si fa amare dagli escursionisti per la sua prossimità a monti importanti come il Gennargentu e lo Spada e per i valori naturalistici della Barbagia. Le sue tradizioni, il museo della vita pastorale, i murales, i siti archeologici, ne costituiscono ulteriori attrattori culturali e turistici. Il suo santuario della Madonna dei martiri, all’interno della cittadella francescana dei Minori Osservanti, si propone anche come tappa interessante per lo studio delle immagini dell’aldilà. Nella cappella il pittore Gregorio Are ha dipinto nel 1757 le scene dei tre regni oltremondani: il Paradiso, il Purgatorio e l’Inferno.

La visione dell’Inferno, quasi fumettistica, denuncia un gusto popolaresco per il grottesco e per la deformazione caricaturale dei personaggi. La scena è ambientata in ore leonis, nella bocca spalancata del Leviatano biblico, una bocca armata da venti denti incisivi e da trentatre canini. Nell’ambiente arroventato dalle fiamme si muovono tre gruppi di personaggi: i dannati, i diavoli e il bestiario. Gli animali collaborano strumentalmente con i diavoli alla punizione dei peccatori. Se ne distinguono tre tipi: gli alati draghetti sputafuoco che svolazzano nell’aere livido e irrogano pene soprattutto psicologiche, come quel richiamo all’eternità dell’espiazione (“in eternum…in eternum”); il secondo gruppo è costituito da viscidi rettili come i rospi e gli intraprendenti serpentelli che si divertono a morsicare e a strangolare i peccatori; il terzo gruppo è formato da draghi cinocefali che abbaiano rabbiosamente e azzannano agli arti i dannati. I diavoli hanno fisionomie più grottesche che spaventose; i loro corpi hanno colori scuri come il marrone o il verde, le tradizionali corna sul capo, le zanne cinghialesche in bocca ed eruttano fuoco e vapori dalla gola e dalle orecchie; esemplare è la figura di Lucifero, dotato di zoccoli e unghie, che sovrintende all’inferno appollaiato su un seggiolone dotato di protomi di drago. I dannati hanno tutti un aspetto terrorizzato ed allucinato; hanno le bocche spalancate e la lingua penzoloni nella spasmodica ricerca d’aria per il deficit di ossigeno in un ambiente dal calore asfissiante; hanno gli occhi fuori dalle orbite e i capelli ritti per il terrore delle visioni e il dolore delle torture. A ciascun dannato è associato uno dei sette vizi capitali. L’iracondo, con una freccia in fronte, compie gesti autolesionistici. Il lussurioso è scarnificato da unghie diaboliche, assalito da rospi e costretto ad accarezzare il corpo del diavolo mentre ne subisce il bacio oltraggioso. L’avaro ha ancora in mano il sacchetto con il tesoro delle sue amate monete ed è azzannato da molteplici mostri. Il goloso è imboccato da un diavolo con una forchetta e costretto a ingoiare un rospo repellente. Il superbo ha uno scorpione sul viso e la lingua strappata da un diavolo. L’invidioso è morso da un serpente sulla lingua. L’accidioso è stimolato dal forcone di un diavolo e morso da mostri.

La visione del Purgatorio è anch’essa ambientata tra le fiamme; tutt’altro è però l’atteggiamento dei purganti. Pur immersi nel fuoco, essi hanno tutti gli occhi rivolti al cielo ed esprimono la preghiera di veder ridotto il tempo di espiazione della pena. Tra di essi si riconoscono preti tonsurati, vescovi con la mitria, sovrani con la corona, religiosi con la chierica. Un angelo scende dal cielo a raccogliere un’anima che ha terminato l’espiazione, per condurla in paradiso. Il pittore ha voluto descrivere tre interventi divini che i vivi possono intercedere a favore delle anime del Purgatorio. Il primo, al centro, è l’intervento della Madonna del Carmine: molti purganti portano lo Scapolare del Carmine per assicurarsi la protezione di Maria e la sua intercessione per una sollecita liberazione dal Purgatorio. Il secondo intervento, a sinistra, è quello di San Francesco d’Assisi, simbolizzato dal cordone con i tre nodi che viene allungato ai purganti per liberarli dalla pena. Il terzo intervento, a destra, è quello di papa Gregorio che allude al beneficio delle Messe gregoriane da celebrare a favore delle anime purganti.

La visione del Paradiso è introdotta dalla doppia scena della risurrezione dei morti. Quattro angeli fanno risuonare le loro trombe ai quattro angoli del mondo e chiamano i morti al giudizio divino, indicando loro col dito il giudice nell’alto dei cieli (“surgite mortui, venite ad iudicium”). I morti si sollevano dalle tombe dov’erano inumati e si rivolgono al cielo esprimendo nella postura delle braccia la preghiera e la speranza della salvezza eterna. In alto, in un cerchio di nubi, siede la Trinità. L’immagine è quella convenzionale dell’anziano Padre, del giovane Figlio con la croce e della colomba dello Spirito Santo. Maria, la Madre di Gesù, e San Giovanni Battista intercedono a favore dell’umanità risorta. Coerentemente con la dedicazione della basilica il Paradiso dei beati è popolato dalla gran folla dei Martiri. Essi sventolano la palma della vittoria ed esibiscono gli strumenti del loro martirio.

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