Itinerario nella provincia di Monza-Brianza

Lentate sul Seveso. Il Giudizio finale nell’Oratorio di Santo Stefano

Le tappe dell’itinerario

Si giunge a Lentate percorrendo la storica strada dei Giovi che nel tratto tra Milano e Como prende il nome di Comasina. Attraversato dal fiume Seveso, Lentate conserva del suo passato medievale opere di valore come l’oratorio di Santo Stefano, edificato dal conte Stefano Porro, consigliere di Galeazzo Visconti, quale suo mausoleo e cappella palatina. Fabbrica gotica ad aula unica, l’oratorio custodisce al suo interno la tomba marmorea del conte Porro e un ciclo di affreschi del 1380, fra i più importanti della Lombardia medievale, che narrano la vita del primo martire Stefano (in 43 riquadri), il Giudizio universale, la Crocifissione e l’Incoronazione di Maria.


Il Giudizio universale figura sull’arco trionfale. Nel registro più alto è ritratto il Giudice nella sua mandorla, seduto sull’arcobaleno della nuova alleanza, mentre accoglie i beati e respinge i dannati con il gesto delle mani. Tre coppie di angeli circondano la mandorla: la prima coppia espone gli strumenti della passione: la croce e la lancia; la seconda coppia sventola i cartigli con il doppio verdetto: venite benedicti e ite maledicti; la terza coppia suona le trombe del giudizio. Attorno al vertice della curva dell’arco è rappresentata la risurrezione dei morti. I risorti escono dalle tombe e si mettono in ginocchio davanti al giudice, in fervente preghiera, in attesa della sentenza, favorevole per gli uni e negativa per gli altri.

La descrizione del Paradiso è piuttosto originale. La santità femminile è rappresentata separatamente da quella maschile. A sinistra vediamo infatti un folto gruppo di donne sante. La corona sul capo, l’eleganza degli abiti, la ricercatezza delle acconciature, denotano lo status sociale molto elevato. Altre donne, nude, sono raffigurate più in basso: sono inginocchiate in preghiera e portano tutte lunghi capelli biondi, raccolti a coda di cavallo. La donna che precede il gruppo è Maria, la madre di Gesù. Tenerissimo è il suo modo di implorare la misericordia del Figlio verso i risorti: denuda e stringe i seni, e li mostra a Gesù per ricordargli che l’ha portato in grembo e l’ha allattato e per chiedergli di esserle riconoscente. Speculare e simmetrica è l’immagine del secondo intercessore sul lato opposto. Si tratta infatti di Giovanni Battista, il precursore, che mostra a Gesù la testa che gli fu tagliata e ne implora la pietà in memoria del suo martirio. Dietro al Battista è ritratto il gruppo dei dodici apostoli, nel ruolo del tribunale celeste.

L’Inferno è descritto in due scene, con ricchezza di particolari. Diavoli in volo si gettano in picchiata ad afferrare i risorti che sono stati giudicati negativamente. I dannati, in corteo, sono portati all’ingresso dell’Inferno, dove subiscono le attenzioni sgradevoli dei demoni. Iniziano le vessazioni nei confronti dei vizi capitali. Al superbo è tolta la corona regale. L’avaro, con la scarsella appesa al collo, è costretto da un diavolo a ingoiare le monete che ha nel sacchetto. L’oste fraudolento con la botticella al collo, è costretto a ingoiare il liquido della brocca. Il sarto esoso che ha le forbici appese al collo è immerso tra le fiamme. Più in basso vediamo un gruppo di dannati, composto da donne e uomini, che è stato precipitato nel baratro infernale. Sono contadini e artigiani condannati per il cattivo esercizio dei loro mestieri e che portano appesi al collo gli oggetti che ne connotano l’attività professionale.

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