Itinerario nella provincia di Brescia

Brescia. Immagini dell’aldilà nel Museo di Santa Giusta

Le tappe dell’itinerario

Santa Giusta è per bresciani e turisti l’autentico ‘Museo della città’. Allestito in un complesso monastico di origine longobarda, consente un viaggio completo attraverso l’arte e la storia di Brescia dall’età preistorica a oggi. Santa Giulia fu originariamente un monastero femminile di regola benedettina, fatto erigere dall’ultimo re longobardo Desiderio e dalla moglie Ansa nel 753 dopo Cristo. Oggi ingloba, in un’area espositiva vastissima, le domus romane con i loro mosaici, la basilica longobarda di San Salvatore, l’oratorio romanico di Santa Maria in Solario, il Coro delle Monache, la cinquecentesca chiesa di Santa Giulia, i chiostri, alcune raccolte museali specializzate e le mostre temporanee. Lungo il percorso museale, articolato e gratificante, è possibile incontrare alcune opere di pittura che hanno per soggetto i temi dell’escatologia cristiana, come la morte, la pesatura delle anime, il giudizio universale e l’inferno.


L’immagine della morte si trova nella medievale Santa Maria in Solario. La chiesa, di forme romaniche, fu costruita verso la metà del XII secolo come oratorio delle monache ed è organizzata su due piani, collegati da una stretta scala di pietra. Il piano superiore è caratterizzato da un’atmosfera raccolta ed era destinato ad ospitare i momenti più importanti della liturgia monastica. La volta stellata e le pareti furono affrescate da Floriano Ferramola, tra il 1513 e il 1524, con episodi della vita di Cristo, di San Benedetto e santa Giulia, nonché immagini di numerose sante. L’immagine della Morte si trova effigiata alla base del pilastro che separa l’absidiola centrale da quella di destra. L’iconografia è quella tradizionale: lo scheletro della Morte ha una corona sul capo e imbraccia a due mani la falce omicida; tra i suoi piedi compare un cranio  isolato con la mandibola divelta. In alto è riportata una scritta ammonitrice: Io son la morte degna de corona / che ha possanza sopra ogni persona. / Ogni persona more e ‘l mondo lassa: / chi ha offeso Dio con gran paura passa.


L’immagine del giudizio tramite psicostasia (pesatura delle anime) si trova nel Coro delle monache, un nobile ambiente affrescato entro il quale le monache benedettine del monastero di Santa Giulia per secoli hanno assistito, non viste, alle funzioni religiose. Questo sontuoso luogo di culto,  articolato su due livelli, venne innalzato tra Quattrocento e Cinquecento. La parete orientale e le pareti laterali appaiono riccamente decorate da affreschi di Floriano Ferramola e di Paolo da Caylina il Giovane. Il programma iconografico è complessivamente ispirato al tema della salvezza, trattato con scene dell'infanzia di Gesù, della passione e della resurrezione e con altri soggetti comunque attinenti, intervallati da immagini devozionali. Protagonista della pesatura delle anime è l’arcangelo Michele. Lo vediamo ritratto in abiti guerrieri, con i gambali e le calzature di ferro e con un corpetto con stringhe di cuoio; sul fianco pende la guaina della spada; Michele impugna la spada a doppio taglio con la mano destra per tenere a bada il demonio e regge con la mano sinistra una bilancia a doppio piatto: nei due piatti sono collocate le animulae soggette alla pesatura, ritratte in ginocchio mentre implorano a mani giunte l’esito positivo del giudizio; il piatto di destra reca un uomo, mentre quello di sinistra pesa una donna, forse una monaca benedettina.

Una seconda psicostasia di Floriano Ferramola è affrescata a destra dell'ingresso principale, sulla ex facciata della chiesa di San Salvatore. L'affresco presenta un'incorniciatura di colonne corinzie avvolte da spirali vegetali: la scena centrale occupata dall’arcangelo San Michele, con la spada appesa al fianco, che infilza con la lancia il demonio ai suoi piedi. Con la mano sinistra regge una bilancia a due piatti, dove sono pesate le anime di due risorti. Sullo sfondo si apre un paesaggio pianeggiante in pendenza verso un fiume o un lago, attraversato da due piccole barche, e con due alte montagne sullo sfondo.


La visione del giudizio universale si trova appartata, quasi nascosta, nella cappellina della navata laterale sinistra della basilica di San Salvatore. La cappella è dedicata alla Madonna ed è decorata dal ciclo delle storie della Vergine e dell’infanzia di Cristo, un ciclo dipinto da Caylina tra il 1527 e il 1530. La scena del giudizio universale, piuttosto deteriorata, incorpora per di più al centro una superfetazione contornata da una cornice di stucco con la scena della crocifissione. Il Cristo giudice siede sulle nubi in un alone di luce dorata e mostra le ferite della passione. Intorno alla sua figura si muovono gli angeli tubicini che chiamano i morti al risveglio e i loro colleghi che presentano al giudice le anime dei salvati, raccolte tra le mani aperte. Alla destra di Gesù compaiono le figure degli intercessori, la madre Maria e il precursore Giovanni Battista, che implorano in ginocchio la misericordia del giudice. Alla sua sinistra si stagliano le figure degli apostoli con Pietro, Giovanni e Paolo, cui si aggiunge la Maddalena dalle lunghe trecce. Il dipinto scende poi dal cielo sulla terra e sottoterra. Si vede la scena della risurrezione dei morti, con i corpi dei risorti che fuoriescono da lunghe trincee sepolcrali e si apprestano a conoscere la sentenza che li riguarda. La parte inferiore dell’affresco, piuttosto rovinata, mostra l’interno della caverna infernale, rosseggiante per le fiamme e affollata dalle figurine dei dannati. Due presenze infernali dominano questo spazio ctonio. A sinistra vediamo lo scheletro della morte, armato di falce. Secondo le Scritture la morte, che ha dominato la storia del mondo e che è stata sconfitta una prima volta dopo la resurrezione di Gesù, è definitivamente distrutta dopo la resurrezione dei morti. Lo attestano la prima lettera ai Corinzi (L’ultimo nemico a essere eliminato sarà la morte) e il libro dell’Apocalisse (E la morte e l’ade furono gettati nel lago del fuoco). A destra vediamo un grande leone aggirarsi tra i dannati. Si tratta di una citazione dalla prima lettera di San Pietro: il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare (5, 8).                 

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