Itinerario nella provincia di Pordenone

San Martino al Tagliamento. Un Giudizio finale “di periferia”

Le tappe dell’itinerario

Un boschetto di cipressi corona la chiesetta dei Santi Filippo e Giacomo, a sud di San Martino al Tagliamento, lungo l’antica strada di comunicazione che seguiva le rive del fiume. La chiesa contiene nell’abside un ciclo di affreschi che costituisce l’opera di maggiore impegno di Pietro da San Vito (1515) ed è una testimonianza della cosiddetta “pittura friulana di periferia”. Il ciclo comprende le Storie dei Santi Filippo e Giacomo, le immagini di Profeti, Evangelisti, Apostoli e Dottori della Chiesa e un Giudizio Universale rilevante per il suo realismo narrativo. La navata è decorata da affreschi con la descrizione trecentesca dei Miracoli di San Giacomo, che testimonia l’incidenza anche in territorio friulano della cultura del pellegrinaggio nel tardo medioevo.


L’evento del Giudizio finale è contestualizzato in un paesaggio terrestre di ampio respiro, segnato dalla presenza di una città fortificata, di montagne e di caverne rupestri e da due ampi sentieri percorsi dai gruppi dei risorti. Gli avvenimenti celesti sono compressi in uno spazio limitato, nella parte superiore dell’affresco, al di sopra di una coltre nuvolosa.

Nel Cielo appare la figura del Cristo giudice, circondato dall’ellisse della mandorla iridata, sullo sfondo dell’empireo luminoso, seduto sull’arcobaleno della nuova alleanza. Intorno al giudice la scena è molto schematica e vede la presenza di quattro angeli tubicini (che suonano le trombe del giudizio), di due angeli ostensori degli strumenti della passione (la lancia, la croce, la colonna della flagellazione e la canna con la spugna), dell’angelo del giudizio e dei due tradizionali intercessori oranti in ginocchio (Maria, la madre di Gesù, e Giovanni Battista il precursore).

Il comparto di sinistra è dedicato all’ascesa dei beati in Paradiso. In basso è descritta la risurrezione dei morti. I risorgenti si aiutano l’uno con l’altro a uscire dai sepolcri. Formano poi un corteo scortato dagli angeli che risale un comodo e sassoso sentiero. Al culmine dell’ascesa i beati si trovano davanti alla “città sul monte”, l’apocalittica Gerusalemme celeste, circondata da mura, con le torri presidiate dagli angeli. Alle porte della città il cherubino con la spada - che era stato posto a vigilarne l’ingresso dopo la cacciata dei progenitori - si fa da parte e lascia il posto a San Pietro, che con le chiavi del regno dei cieli consegnategli da Gesù riapre il portone e vi introduce i beati.

Il comparto di destra è purtroppo molto deteriorato e quindi di difficile lettura. Ci sono tuttavia elementi sufficienti per riconoscervi la descrizione del Purgatorio e dell’Inferno. In basso vediamo la risurrezione dei dannati, tratti dalle tombe e trascinati all’Inferno dai diavoli. L’ingresso dell’Inferno, riconoscibile dalle lingue di fiamme che fuoriescono, è preceduto da un boschetto, che potrebbe essere la “selva oscura” dell’incipit dell’Inferno di Dante Alighieri. Nella caverna infernale s’intuisce la presenza della figura assisa di Lucifero che stritola con le mani i dannati e li divora con la sua triplice bocca. Al suo fianco si riconosce la caldaia infernale colma di dannati.

Più in alto si eleva la montagna del Purgatorio. Essa riprende la struttura disegnata da Dante nella seconda cantica. Una successione di cornici indica la progressione della purificazione.  Sulla prima cornice vediamo la lenta ascesa di purganti che portano pesanti massi sulle spalle: è la pena cui sono assoggettati i superbi. La seconda cornice vede un certo numero di purganti distesi bocconi e legati: è la punizione dantesca degli avari e dei prodighi.

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